Lugo, un presepe “alluvionato” con i volontari e i soccorritori

Lugo

In questi ultimi anni se ne sono visti sempre di più belli e originali, talvolta purtroppo ispirati al dramma del momento.

Ma quello realizzato all’ingresso della Collegiata di Lugo, la chiesa di don Leonardo Poli, ha stupito un po’ più degli altri. Come se fosse la gigantografia di uno domestico ripescato da un’abitazione alluvionata.

È quello infatti il contesto nel quale sono state adagiate tutte le riproduzioni dei figuranti: gente comune, a grandezza naturale, che durante quei giorni si è data da fare per cavarsela e per cavare il fango dalle case di chi era stato sommerso.

Oltre quei sacchi di sabbia che ne delimitano il perimetro, gli stessi che hanno invano difeso le soglie delle abitazioni, ci sono l’alpino, il soccorritore della Croce Rossa, i giovani volontari, il carabiniere e ovviamente il sacerdote con una bicicletta.

Tuttavia, fidarsi è bene ma chiuderla con un lucchetto è sembrato più sensato, forse anche per ricordare gli sconcertanti episodi di sciacallaggio ai danni di chi aveva dovuto abbandonare tutto e cercare riparo. Certamente in quella rappresentazione manca un vigile del fuoco, ma c’è una spiegazione poetica anche per questo: è dovuto sicuramente catapultarsi in un’altra emergenza, proprio come è accaduto nel maggio scorso con elicotteri e gommoni.

E per renderlo ancora più verosimile, in quel presepe ci sono i badili e le carriole, le scope e le idropulitrici, i secchi e gli stivali utilizzati dalle centinaia di volontari accorsi da ogni parte e che per molti giorni hanno alloggiato e mangiato nei locali della chiesa.

L’unico edificio del centro storico, peraltro, che in quei giorni è stato graziato dall’alluvione, un’oasi felice. Come se qualcuno quelle acque le avesse separate davvero.

“Le sagome sono state realizzate dall’estro artistico di suor Maria Salud e vogliono rappresentare alcune delle figure generiche che si sono prodigate a beneficio della popolazione – spiega don Leo, il diminutivo con cui tutti conoscono il sacerdote – e tutti gli accessori, gli utensili e le attrezzature presenti sono ancora sporchi di fango perché sono quelli utilizzati nell’emergenza del maggio scorso. Perché nel fango c’è sempre una pepita d’oro, ce lo conferma il fatto che nel dramma dell’alluvione abbiamo potuto sperimentare anche un’ondata di bene per i nostri cuori».

Quella che il prete ha voluto raccontare in un libro, “Fatti accaduti in Romagna”, dopo essersi buttato a capofitto nella gestione dell’emergenza provvedendo anche a rifocillare centinaia di sfollati.

Nessuna omelia bensì un report genuino di ciò che è stato e ciò che può aver lasciato nei protagonisti di quelle storie.

Il volume infatti raccoglie prevalentemente testimonianze di lughesi e dintorni, ai quali nel finale si aggiungono quelle di chi ha vissuto lo stesso dramma in altri comuni.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui