Lugo, rete integrata di servizi socio sanitari per la non autosufficienza

Anche nei nove comuni dell’Unione gli anziani sono sempre di più, ma questo progressivo aumento della longevità è comunque sinonimo di benessere. Tuttavia, è inevitabile che siano, e saranno, sempre di più le criticità legate alla cura delle loro patologie.
Poterlo fare a casa propria però, in cui spazi e abitudini sono consolidati, è certamente più efficace.
A tal proposito, ieri mattina è stato presentato a Lugo il progetto “La casa come primo luogo di cura e benessere”, sviluppato da Ausl Romagna con il sostegno della Fondazione Del Monte di Bologna e Ravenna. Il progetto si articola in una serie di interventi rivolti alle persone non autosufficienti e ai loro caregiver (gli assistenti familiari) con l’obiettivo di potenziare e personalizzare i servizi per la domiciliarità, con particolare attenzione alle fasce più vulnerabili della popolazione.
Sono due i grandi filoni di intervento. Il primo, di valenza sanitaria, è dedicato alle dimissioni protette al domicilio per persone con demenza provenienti dall’ospedale e dai servizi specialistici e si articola in un insieme di prestazioni e interventi che garantiscono la continuità delle cure e il sostegno al nucleo familiare.
La seconda finalità, di natura più sociale, si concentra sul “sollievo” ai caregiver, ossia la possibilità di ospitare temporaneamente la persona con demenza in un centro assistenziale per consentire a chi se ne occupa abitualmente di alleggerire il proprio impegno e potersi dedicare ad altro, ad esempio una vacanza.
Si tratta di interventi innovativi che integrano i servizi sociali e sanitari, allo scopo di mantenere il più possibile la persona con demenza nel proprio ambiente di vita, personalizzando l’assistenza con diversi livelli di flessibilità e mantenendo come riferimenti persone conosciute, in modo da evitare i potenziali effetti avversi dell’ospedalizzazione e dell’istituzionalizzazione.
Un importante finanziamento, 150mila euro, è stato stanziato dalla Fondazione Del Monte di Bologna e Ravenna, che ha compreso l’importanza del progetto e delle sue ricadute sociali, ponendosi l’obiettivo di rispondere alle esigenze e necessità espresse dalle comunità locali a sostegno di attività di assistenza verso categorie fragili.
«In Bassa Romagna - ha ricordato il presidente della Fondazione, Pierluigi Stefanini - è nostra ferma intenzione intervenire su tre ambiti: sociale, cultura e cura del territorio. La Fondazione conosce e monitora da decenni l’evoluzione del tema dell’anzianità e abbiamo quindi individuato alcuni ambiti di intervento, come un’indagine conoscitiva sull’erogazione dei servizi agli anziani, le loro condizioni abitative e un’analisi sull’evoluzione delle possibilità assistenziali».
«La sensibilità dimostrata dalla Fondazione su un tema così importante è preziosissima - commenta Federica Boschi, direttrice del Distretto sanitario di Lugo -. Nel territorio della Bassa Romagna il 35% delle famiglie è di tipo unipersonale; ciò significa che quello dell’assistenza a domicilio è un problema di ordine quotidiano. L’integrazione socio-sanitaria degli interventi è la chiave di volta per affrontare nel migliore dei modi questo bisogno. Potersi prendere cura delle persone anziane e fragili nel contesto domestico garantisce loro una migliore qualità della vita, evitando i potenziali effetti avversi legati ai ricoveri».
Potersi fare curare e assistere dove si è sempre vissuto, peraltro, potrebbe anche voler dire incidere meno sulle sempre più lunghe liste d’attesa per le strutture dedicate, come le case protette.
Una criticità che, nonostante il rapporto tra ospiti e residenti sia in linea con le normative, terminata l’emergenza covid è tornata a farsi sentire. E al momento, mancando le risorse per farlo, la costruzione di altre strutture non è in agenda.
«Il cambiamento demografico e sociale, in termini anagrafici, è evidente e pone delle sfide che sono da tempo alla nostra attenzione - commenta Elena Zannoni, sindaca di Lugo e presidente dell’Unione dei Comuni -. La grande longevità è sintomo di benessere ma si traduce in nuovi bisogni assistenziali e sociali. Prendersi cura di queste persone, in particolare quelle affette da demenza, è un carico estremamente gravoso e l’aiuto che ci dà la Fondazione è preziosissimo».
«Insistiamo sul tema dell’integrare l’ambito sanitario con quello sociale perché questo permette di capire i bisogni delle persone e anticiparli - spiega Silvia Zoli, responsabile dell’Area della non autosufficienza dell’Unione, referente del progetto -. Attraverso un’equipe multidimensionale si possono elaborare percorsi su misura non soltanto per gli anziani ma anche per la popolazione disabile, che oggi ha una longevità molto maggiore». A.CASA.