Lugo, piromane: accettata richiesta di perizia psichiatrica

«Una perizia psichiatrica non come mera strategia difensiva, ma se il mio assistito soffre di qualche patologia è così e basta. Questa si chiama giustizia». A parlare è l’avvocato Giovanni Baracca che, insieme alla collega Sandra Vannucci, difende il 30enne marocchino accusato di aver dato fuoco nell’estate scorsa a 16 auto seminando il panico in città.
I legali nella giornata di ieri, durante l’udienza preliminare davanti alla gip Federica Lipovscek, hanno visto accettata la richiesta di perizia psichiatrica avanzata soltanto pochi giorni fa e che sarà effettuata sul loro assistito dal dottor Michele Franza.
Le dichiarazioni del 30enne rilasciate davanti al gip subito dopo l’arresto lasciarono infatti trapelare una qualche forma di disagio mentale, tanto da disporne il ricovero in una struttura per pazienti affetti da problemi di natura psichiatrica dove si trova tuttora. L’udienza è stata così rinviata al 13 giugno. A seguire la vicenda anche alcuni dei proprietari dei veicoli inceneriti pronti a chiedere conto dei danni subiti.
L’arresto
Il 30enne, già noto alle forze dell’ordine, era stato sorpreso il 2 agosto dai carabinieri dar fuoco a due auto parcheggiate in via Risorgimento, confessando poi ai militari di essere l’autore di tutti e cinque gli incendi appiccati in apparenza senza motivo che tra i mesi di giugno e di agosto avevano distrutto in tutto 14 auto a Lugo.
Poi aveva ritrattato, rilasciando spontanee dichiarazioni e pronunciando frasi a tratti sconclusionate come “Me l’ha ordinato lo Stato”, riconducendo quanto accaduto a momenti di stress legati al permesso di soggiorno e al lavoro nelle campagne.
Per settimane l’uomo era stato braccato dall’Arma, all’opera insieme al reparto Analisi criminologiche di Roma, sotto il coordinamento del sostituto procuratore Silvia Ziniti titolare del fascicolo. Aspettavano un passo falso, mentre nel frattempo se ne stavano appostati con servizi in borghese e gli occhi puntati su telecamere installate in zona, con tanto di gps piazzato nel monopattino sul quale il 30enne si spostava. Proprio a bordo del mezzo, un mesetto prima dell’arresto, era stato fermato per un controllo stradale, cavandosela con una scusa seppur non convincente.
Quell’accertamento, tuttavia, l’aveva spaventato al punto da sospendere i raid incendiari. Almeno fino a quella notte di inizio agosto.
Calmate le acque, era tornato in azione credendo di non essere più sorvegliato, ma su di lui erano ancora vigili gli inquirenti.