Lugo, “omessa denuncia e diffamazione”: indagata la preside del Compagnoni

L’accusa è di non avere denunciato atti vandalici, danneggiamenti, imbrattamenti, risse e lesioni di un certo peso. Tutti episodi avvenuti all’interno del Polo tecnico professionale di Lugo, che la Procura ha valutato come reati procedibili d’ufficio. Per questo la dirigente scolastica Elettra Stamboulis, in qualità di pubblico ufficiale, è ora indagata per omessa denuncia. In questi giorni ha ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari a firma del sostituto procuratore Francesco Coco, l’atto che solitamente prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. La preside, tutelata dall’avvocato Paola Converti, potrà chiedere di essere sentita o presentare una propria memoria difensiva.
Non è il solo fronte legale con il quale la dirigente deve fare i conti. Si somma infatti anche la querela per diffamazione aggravata, per avere rivelato sui social dati sensibili riguardanti uno studente minorenne coinvolto proprio nel pestaggio filmato che, lo scorso marzo, ha portato l’istituto “Compagnoni” al centro delle cronache.
Indagine aperta da mesi
L’inchiesta sulla gestione del Polo lughese, in realtà, pare fosse già in corso ben prima della violenta discussione del 22 marzo nel cortile della scuola; in quell’occasione, una banale lite tra due studenti per un debito di 5 euro era degenerata nel pestaggio costato 25 giorni di prognosi a un 16enne, incappucciato e colpito da un gruppo di altri giovani. Già dall’inizio dell’anno scolastico le segnalazioni si sono accumulate, aumentando sia per frequenza che per gravità, fino a raggiungere livelli tali da incidere sul normale svolgimento delle lezioni.
Su queste circostanze sono state sentite numerose persone. Circa una trentina quelle ascoltate in Commissariato a Lugo, per lo più tutti docenti. Sarebbe emerso un quadro allarmante, con particolare riferimento a una lunga serie di reati avvenuti entro il perimetro dell’edificio scolastico, di cui le forze dell’ordine sono risultate totalmente all’oscuro. Stando all’accusa ora mossa, la preside avrebbe dovuto comunicare tempestivamente la situazione, oltre a prendere precisi provvedimenti. Invece la dirigente avrebbe optato per una gestione “interna”.
Solo una parte di tutti questi episodi è trapelata sulla stampa. Come l’uso sconsiderato dell’allarme antincendio, diventato affare pressoché quotidiano al punto da rendere quasi impossibile fare lezione. Oppure le pareti in cartongesso sfondate o il controsoffitto danneggiato con una scopa. E ancora, nell’aprile di un anno fa, una sedia lanciata fuori dalla finestra dell’Ipsia che ha rischiato di colpire passanti e auto parcheggiate.
La scazzottata di un mese e mezzo fa sarebbe solo uno fra i casi di violenza e bullismo registrati, il cui clamore mediatico ha portato anche all’avvio di un’ispezione disposta dall’Ufficio scolastico regionale.
Denunciata per diffamazione
Procede in parallelo la denuncia per diffamazione aggravata, presentata dai genitori di uno dei due ragazzi coinvolti nella lite di marzo.
Nel pieno della polemica, la dirigente avrebbe cercato di replicare alle critiche definendole in un post su Facebook “un’ondata di fango”. Nel lungo sfogo avrebbe però reso noto una circostanza riguardante un particolare inedito riferito a presunti problemi con la giustizia di uno dei ragazzi minorenni coinvolti, rendendolo peraltro identificabile.
Non bastasse, pesa anche sulla gestione della scuola la raccolta firme per chiedere l’esonero della preside, promossa da un gruppo di genitori e giunta a 150 sottoscrizioni. Tutti aspetti che ormai restano sullo sfondo di un’inchiesta giunta a conclusione che - con l’anno scolastico agli sgoccioli - ha già lasciato le aule della scuola per approdare in quelle del palazzo di giustizia.