Lugo, la bandiera del Torino per l'ultimo saluto all'avvocato Corelli Grappadelli

Lugo

«La comunità si priva di una grande figura, tutti noi abbiamo apprezzato le sue doti e le sue qualità umane, e abbiamo beneficiato della sua generosità».
Con queste parole il parroco della Collegiata, don Leo, ieri pomeriggio ha iniziato l’omelia nella celebrazione del funerale di Giovanni Corelli Grappadelli, l’avvocato 84enne investito la settimana scorsa in viale degli Orsini a Lugo, praticamente di fronte alla propria abitazione.

La chiesa era colma, con gli amici e i familiari sui banchi pronti a testimoniare affetto, stima e gratitudine.


La bandiera granata tra i fiori


Tra i colori tenui dei tanti fiori bianchi e gialli che circondavano il feretro, risaltava una stoffa granata, la sua inseparabile bandiera del Torino. Veniva fatta sventolare dal balcone di corso Matteotti, sede del suo studio, ma solo se il Toro vinceva o almeno pareggiava. Era un po' la sua filosofia di vita, sbandierare le cose belle che gli piacevano e che aveva fatto, ma sempre con l’umiltà e il rispetto che lo hanno contraddistinto. Un millimetrico equilibrio tra sensibilità e intelligenza, una vera arte.
Già, l’arte, dalla pittura alla scultura, quella passione che pulsava dentro e fuori di lui, essendo un po' collezionista e un po' mecenate. E inconsapevolmente è stato così anche ieri. Lui al centro e attorno tante bellissime opere della chiesa, quadri che sembravano voler guardare lui piuttosto che essere scrutati.


L’amore per l’arte


Una passione quella per l’arte che nel 2019 lo aveva convinto a catalogare parte della sua prestigiosa collezione. Da quel volume, peraltro, era nata una mostra alle Pescherie, che oggi suona un po' come un presagio o un desiderio: poter regalare alla sua città una sua permanente, all’interno di uno spazio tutto suo, ma che dovrebbe essere di tutti.
Una location per celebrare chi la storia l’ha fatta, ma anche per esaltare chi è già proiettato al futuro prossimo.
A tal proposito, un ricordo al microfono lo ha voluto lasciare una giovane artista che l’avvocato supportava, seguendola e comprando alcune opere. Un altro dei suoi grandi pregi, aiutare gli emergenti a emergere veramente.


«Un cuore generoso»


Dall’altare don Leo ha continuato a declamare le caratteristiche di Giovanni, come lo chiamava confidenzialmente: «Aveva ancora la spirito e l’energia di un giovane, e sapeva godere della vita in tutti i suoi aspetti, anche se quella stessa vita non gli ha risparmiato nulla, nemmeno una sofferenza. Il suo cuore era generoso e non poggiava sul vuoto».
Dopo la scomparsa della moglie, infatti, è seguita quella prematura della figlia Benedetta; da quel tragico evento del 2007 nacque due anni più tardi l’Hospice dedicato alla giovane: una struttura nella quale ricevere quelle cure di cui lei stessa aveva usufruito. Uno dei tanti gesti, ma non l’ultimo, con cui cercare di evitare agli altri quei dolori che lui ha conosciuto e sconfitto, con l’arma dell’altruismo.
«Io sono grato, molto grato, di averlo avuto come amico, perché mi ha insegnato come si può guardare la vita e valorizzare il bello di ogni aspetto»: sono le parole con cui don Leo termina la funzione religiosa, le parole che echeggiavano in chiesa: un po' per gli spazi e un po' perché forse se l’è detto chiunque era lì dentro a salutarlo per l’ultima volta.

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