Lugo, ha fatto la psicologa per quasi 30 anni senza averne i titoli

Per quasi trent’anni avrebbe esercitato come psicologa senza averne i titoli. Per questo ieri Marisa Biondi, sessantenne lughese, è stata condannata ad 8 mesi e 12mila euro di multa per esercizio abusivo della professione. Una condanna lievemente inferiore a quanto chiesto dal pubblico ministero Angela Scorza (dieci mesi e 22mila euro di multa) che durante la requisitoria ha ricordato le tante testimonianze che si sono susseguite durante il processo, tra cui alcune colleghe della cooperativa nella quale lavorava Biondi con un incarico da coordinatrice. La cooperativa, Libra, era stata scelta per gestire l’appalto pubblico dei servizi educativi e psicologici per minori e famiglie. La presidente della cooperativa, Laura Gambi, durante la sua testimonianza non ha nascosto che «per tutti noi era un dato di fatto che fosse psicologa» e altre psicologhe hanno ricordato come la stessa Biondi fosse presente durante i loro colloqui di assunzione.
Molto, in questo processo, si è giocato sulla definizione degli incarichi della stessa imputata all’interno della cooperativa che emanava servizi prima per l’Asp e poi per l’amministrazione comunale che era subentrata all’Azienda dei servizi alla persona. Durante il processo l’ex assessora Valentina Morigi ha spiegato che Biondi risultava all’amministrazione solo come «coordinatrice del progetto», incarico per cui non servivano titoli particolari. Tuttavia sembra pesare la testimonianza di Gambi che ha sostanzialmente confermato quanto ipotizzato dalla Finanza: l’ufficio dell’imputata sarebbe stato adibito a “studio psicologico” in cui venivano seguiti singoli pazienti e famiglie per sedute e consulenze. La presidente della coop in aula aveva detto che «nell’ultimo anno, prima delle dimissioni, avrà seguito 17/18 persone». Spicca anche la testimonianza di un padre che – insospettito – aveva chiesto diverse volte alla donna il numero di iscrizione all’ordine insospettito da una relazione «molto tecnica e specifica per essere arrivata dopo pochissime sedute». L’Ordine degli psicologi, costituitosi parte civile, ha concordato con le conclusioni del pubblico ministero e sostenuto, con l’avvocato Francesco Paolo Colliva, che la donna oltre agli aspetti sostanziali della professione (come, appunto, le consulenze) ha messo in essere anche «gli atti caratteristici» della professione, «esercitando con una parvenza di professionalità da psicologa». Il risarcimento per la parte civile sarà deciso in separata sede.