Aspettando la sentenza, i genitori di “Balla”, Sabrina Bacchini e Luca Ballardini, hanno cercato un attimo di distrazione in un bar del centro di Bologna, quando una folata di vento li ha sorpresi. «Quello era Matteo - dice la madre del 19enne scomparso -, era il momento in cui ho capito che i giudici avevano deciso. Giusto o sbagliato che sia, facciamocela andare bene». Escono dalla Corte d’appello di Bologna con «un po’ di giustizia» rispetto alla precedente sentenza, quando «è stato come se avessero ucciso un’altra volta nostro figlio».
Signora Bacchini, a distanza di sei anni, ha avuto modo di parlare con i ragazzi che passarono le ultime ore con suo figlio?
«No. Nemmeno una lettera, neanche da parte dei loro genitori, nemmeno un “mi dispiace”. Sarei forse in grado di perdonarli se capissi che realmente sono pentiti di ciò che hanno fatto. Una loro parola penso avrebbe alleviato un poco le nostre pene, perché la nostra vita ormai non è più vita».
Si è detto tanto sul contesto della tossicodipendenza in cui era caduto suo figlio. Lei che ricordo ha di quel momento?
«Matteo non era un tossico. Era un semplice ragazzo che si voleva sballare in compagnia, anche noi da giovani eravamo così. Aveva grossi problemi a comunicare, ma aveva una vita normale, andava a scuola, faceva sport, teneva al suo cane, aveva bei voti. Un tossico pensa solo a farsi».
Secondo lei come si sarebbe comportato se si fosse trovato nella situazione degli altri quattro?
«Matteo aveva un cuore, l’ho sentito molte volte dire “dai fra’, ti aiuto io”. Quella sera andò da Beatrice sia perché voleva sballarsi, ma anche perché aveva bisogno di parlare. Mi disse “
mamma vado da un’amica perché mi capisce, lei è nella mia stessa condizione”».
Era un periodo difficile...
«Era imbambolato per quelle medicine che non servivano a niente che gli avevano dato con il tso. A scuola gli dicevano tutti che aveva una faccia strana, glielo dicevano in palestra. I medicinali trovati in casa glieli avevo comprati perché li aveva prescritti la struttura in cui era stato ricoverato».
Quale consiglio si sente di dare ad altri genitori che vedessero il proprio figlio in una situazione simile?
«Non c’è un consiglio. Quello era il carattere di Matteo. La svolta deve venire dal ragazzo. Il genitore deve comunque stare vicino e ascoltare il proprio figlio, ma la trasformazione deve venire da lui».
Si è detto durante il processo che Beatrice si è disintossicata, si è diplomata e fa la oss. Che effetto vi fa sapere che questa tragedia ha dato una svolta alla sua vita?
«Forse se l’avessero salvato da questa storiaccia, anche Matteo avrebbe dato quella svolta nella sua vita, chiedendosi, “che cavolo sto facendo”. Bastava davvero poco, pochissimo».