Da Lugo a Roma a piedi per la lotta contro il cancro

Lugo
  • 30 ottobre 2025

Roberta Mengozzi ce l’ha fatta: la volontaria dell’Istituto oncologico romagnolo di Lugo, partita da casa il 26 settembre alla volta di Roma per un pellegrinaggio di circa 600 chilometri sulla via di San Francesco in occasione del Giubileo, è arrivata in piazza San Pietro esattamente un mese dopo, il 26 ottobre. Trentuno tappe per un’iniziativa ribattezzata “Passi di speranza”, perché legata a un crowdfunding sulla piattaforma dedicata www.insiemeachicura.it a favore dello Ior e del sostegno della ricerca scientifica che porta nuove prospettive di cura al letto dei pazienti oncologici. Alla fine sono state 96 le persone che hanno partecipato alla raccolta, per contributi totali di circa 2.500 euro.

«Questo pellegrinaggio è stato una prova difficile, impegnativa ma fortemente voluta – ha spiegato Roberta Mengozzi – Sono stata molto sostenuta da chi mi ha mandato messaggi, seguito sui social, da chi ha fatto un’offerta per la mia raccolta fondi; mi ha aiutato tanto la mia fede, la mia forza di volontà, la bellezza incredibile dei paesaggi e gli altri pellegrini che ho conosciuto lungo il cammino. Sono partita per realizzare un sogno nato l’anno scorso quando, all’udienza del Papa a San Pietro, ho sentito dalla voce del Santo Padre il motto del Giubileo 2025: “Pellegrini di Speranza”. Per me camminare non è un semplice movimento ma un’immersione, anima e corpo, nei luoghi e nelle esperienze che affronto in viaggio. L’ho imparato ed ho iniziato ad amarlo percorrendo tutti gli 800 chilometri del Cammino Francese verso Santiago de Compostela insieme a mio marito e al nostro terzo figlio di 10 anni nel lontano 2016 e da allora non mi sono più fermata».

Il sostegno delle attività dello Ior è stato anche oggetto di una coincidenza: «La quinta tappa mi ha portato a Corniolo: ho alloggiato in un rifugio che, neanche a farlo apposta, si trovava proprio di fronte alla casa Natale del prof. Dino Amadori, che ha fondato l’Istituto Oncologico Romagnolo nel 1979. Non sono mancate le difficoltà: la solitudine, la pioggia, le salite, il forte vento mi hanno spesso messo a dura prova. Ma, oltre alla carica che mi dava vedere che sempre più persone sostenevano la raccolta che avevo organizzato, ho vissuto esperienze nel percorso che mi hanno riempita d’amore: una su tutte la sorpresa che, alla decima tappa, mi ha fatto mio marito Giovanni. Quando ho visto sbucare la sua auto dalla curva di una stradina sterrata in mezzo alle montagne verso Anghiari sono scoppiata in lacrime dalla felicità. O ancora quando, in arrivo a Città di Castello, ho avuto un problema al ginocchio che mi ha costretto a rallentare: proprio quando stavo per chiamare la proprietaria dell’ostello in cui avrei dovuto alloggiare la sera stessa, per dirle che avrei tardato, ho visto una vettura accostarsi a me ed era proprio lei, che veniva a sentire se avessi bisogno di un passaggio. Il suo nome? Angelica, ovviamente».

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