Conselice, assolto il collega dell'operaio che morì all'Unigrà

Era l’ultimo tra gli indagati ad attendere ancora una sentenza per la morte di Emiliano Orlandi, l’operaio morto nel 2020 a 37 anni mentre lavorava all’Unigrà. Una sofferenza dura da affrontare dal punto di vista psicologico, dovuta al legame che lo univa alla vittima, un amico oltre che un collega. Ieri per il ragazzo, dipendente dello stabilimento di Conselice, è arrivata l’assoluzione al termine del processo con rito abbreviato davanti al giudice per l’udienza preliminare Janos Barlotti.
Il 6 giugno di tre anni fa Orlandi rimase schiacciato nel serbatoio di contenimento e fusione dell’impianto Unigrà 1, in un momento in cui stava controllando le cause di un blocco improvviso. Mentre il ragazzo era all’interno della vasca nella sala filtri per aprire a mano le paratie, l’impianto si sarebbe azionato senza lasciargli scampo. A manovrare il carrello elevatore con cui era stata innalzata la pedana in legno attraversata dal 37enne c’era il suo collega. Era stato fra i primi a essere indagato, finendo nel fascicolo aperto dal sostituto procuratore Antonio Vincenzo Bartolozzi, con l’ipotesi di omicidio colposo. Le indagini erano poi state estese anche ai vertici dell’azienda (tutelata dagli avvocati Ermanno Cicognani e Pierguido Soprani), la cui posizione è stata archiviata dopo l’avvenuto risarcimento ai familiari della vittima (tutelati dall’avvocato Roberto Guareschi).
L’unica posizione rimasta aperta era dunque quella dell’amico, assistito dall’avvocato Francesco Barone. Che scegliendo la strada del rito abbreviato aveva chiesto l’audizione dell’imputato. Il suo interrogatorio davanti al giudice, unito alle indagini difensive, avrebbero restituito una dinamica della tragedia utile a dimostrare – secondo il legale – la mancanza del nesso di causalità tra la sua condotta e la morte di Orlandi. Quel giorno, non stava lavorando alla stessa macchina del collega. Si era solo prestato ad aiutarlo, su sua richiesta, facendolo salire sul macchinario con un muletto. Inoltre, non sarebbe emerso durante il processo la causa dell’improvvisa chiusura del macchinario. Sulla base di tutti questi elementi anche la Procura (ieri in aula presente il sostituto procuratore Angela Scorza) ha chiesto l’assoluzione.