Lugo, trapper indagato per il video: "Non inneggio alla violenza"

Lugo

LUGO. «È solo una canzone, poteva essere un libro, che cosa cambia? Fra un mese esce un secondo video. Mi devo aspettare una denuncia ogni volta che canto?». Proprio non se lo aspettava Amin Bajtit, il trapper lughese (in arte Paname) indagato per istigazione a delinquere, porto d’armi e oggetti atti ad offendere, e oltraggio verso forze dell’ordine, Stato e Giustizia per il videoclip del suo brano “Cagulé”. Lo ammette, «sono rimasto senza parole» nel ricevere l’avviso di garanzia che riporta la data di pubblicazione del videoclip, uscito in rete il 29 febbraio scorso. Informato dell’indagine nei suoi confronti, ha nominato come difensore di fiducia l’avvocato Nicola Casadio. Un “ostacolo” di fronte al quale non vuole fermarsi. «Io - assicura - continuerò lo stesso».

Amin, com’è nato Paname?
«Canto da quanto ero bambino, mi piace la musica, il rap. Ho iniziato a scrivere, a cantare, a esibirmi».

E l’idea del video?
«Non ho mai fatto un videoclip perché costa. Una sera dello scorso dicembre c’è stata una sfida tra rapper al Sax pub di Lugo. C’erano 30 partecipanti e come primo premio era in palio il video e la registrazione in studio. Ho vinto io».

Così hai scelto questo pezzo. Un testo troppo forte forse?
«Il rap è così, devi parlare delle cose che succedono nella tua vita, nella tua città. Ci sono delle parti in francese in cui parlo contro lo Stato, ma non necessariamente mi riferisco allo Stato Italiano. Siamo nel 2020 in Italia, non in Iran, per me questo è razzismo».

Ma tu sei italiano… piuttosto potrebbe esserci stato qualche inciampo con la giustizia in passato?
«La mia famiglia è qui da 40 anni, io ho fatto l’alberghiero e da sei anni faccio il cuoco. Da ragazzino qualche problema l’ho avuto ma ora ho preso mia retta via».

Tornando al video, che cosa è successo quando è uscito?
«Sono partito per il Marocco, dove sono stato per sei mesi. Nel frattempo sono aumentate le visualizzazioni su Youtube. Non me l’aspettavo. Mentre ero via, mio padre mi ha detto che la Municipale è venuta a cercarmi. Quando sono tornato, incrociando una pattuglia passare durante il mio giorno libero, ho chiesto informazioni e mi hanno consegnato un foglio…».

L’avviso di garanzia… Non sarà anche perché avete inquadrato alcune pattuglie in servizio?
«Noi eravamo in gruppo e gli agenti sono arrivati. Non mi sembrava vero. Ne abbiamo approfittato per girare, ma abbiamo coperto tutto, volti, targhe, scritte nei giubbotti. Le armi? Tutto finto. Dai, ammettiamolo, il mio video in confronto ad altri di questo genere è niente».

In effetti non sei il primo rapper indagato per le sue canzoni…
«Questa è la possibilità di cambiare la mia vita e quella della mia famiglia. Io sono nato a Lugo, sono di Lugo, non inneggio alla violenza. Fra un mese vado in Francia, mi ha chiamato un rapper famoso, Bakhaw, ed esce il mio videoclip nuovo, che è peggio di questo. Ma io non mi fermo, continuerò a cantare».

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