Lugo, arrivati i primi rifugiati ucraini

In quella foto i colori della loro bandiera, il giallo e il blu, sono un po' ovunque: nella palla da volley, nella sorridente macchinina che guida il bimbo, nei fiori così come nella bandiera dell’Europa, quella in cui vorrebbero entrare, non solo scappando dal loro inferno, la guerra in Ucraina. Perché è da lì che sono arrivati i primi undici profughi ospitati dal Comune di Lugo: alloggiano al Centro civico di Cà di Lugo.
Un lavoro di squadra, coordinato dall’Amministrazione comunale e supportato dai tantissimi volontari che hanno voluto, e vogliono tuttora, dare il loro contributo. Domenica scorsa, avendo saputo del loro arrivo imminente, in tanti si sono ritrovati al Centro civico per portare letti, materassi, un fornello, un divano e una lavatrice. E poi le stoviglie, i piatti e tanti generi alimentari, ma soprattutto un cartello colorato dai bambini con scritto “Ben arrivati a Lugo”.

E così è stato. Dopo quattro giorni di viaggio, fuggiti in auto dalle loro abitazioni di Vinnycja, a poco più di duecento chilometri dalla capitale Kiev, sono arrivati in città. Grygorii e Vira, marito e moglie: hanno scelto di portare tutta la loro famiglia a Lugo, la città in cui entrambi hanno vissuto per una decina d’anni fino poco tempo fa, lavorando come operaio, lui, e come badante lei.
Ed è proprio la donna che con un corretto quanto timido italiano ricorda queste due settimane: la paura, la disperazione, la forza di volontà e la speranza.

«Siamo dovuti scappare perché la guerra sarebbe arrivata presto nelle nostre città – racconta Vira -. Abbiamo lasciato le nostre case ancora integre, sperando di poterci tornare presto, anche se io vorrei rimanere qui a lavorare. Io e mio marito siamo riusciti a portare qui mia figlia, suo marito e i loro quattro figli (motivo per il quale l’uomo non era obbligato ad arruolarsi), mia nuora, col figlio di 10 anni, e la madre ottantaquattrenne. Purtroppo l’altro mio figlio di 33 anni non l’hanno fatto partire».

Già, perché nel conflitto in atto, per contrastare le milizie russe tutti i civili dai 18 ai 60 anni devono, se serve, imbracciare un’arma e combattere.

«Lui non ha nemmeno fatto il militare – prosegue la madre alternando le parole a qualche lacrima – e non saprebbe proprio come sparare. Non vuole uccidere, lui vuole la pace, come la vogliamo tutti noi».

Tutti loro sanno bene da cosa sono scappati, ma forse ai tre giovanissimi questa brutale immagine non è ancora così nitida, o forse è solo attenuata dalla loro grande forza d’animo che combatte, senza armi, con la giovane età e la necessità di vivere da bambini.

Sicuramente, si spera, non si ricorderà nulla il piccolo Vlad, di appena 1 anno, che ogni sera si addormenta in quello che ai tempi era il lettino dell’assessore comunale Veronica Valmori, che vive a poca distanza dal Centro civico, come riferiscono alcuni amici: è lì che il piccolo farà i suoi sogni, mentre i suoi familiari sogneranno la pace. «Non finiremo mai di ringraziare questa città – sottolinea Vira -, il Comune, i tanti volontari e chi non ci sta facendo mancare nulla».
Alcuni profughi dall’Ucraina sono già arrivati nelle nostre città, ma ospitati da parenti e amici. In questi giorni invece partirà un po' i tutti i Comuni dell’Unione il programma di accoglienza.

Intanto per Vira e gli altri dieci familiari inizia un lento ritorno alla normalità, il che vorrà dire anche cercare di inserire i ragazzi nel contesto scolastico, con la problematica della lingua, permettere alle due ragazze diciassettenni di proseguire l’Università e, anche questo va fatto, procedere al ciclo di vaccinazione anti Covid se non ancora ultimato.


«È stato naturale mettere a disposizione un immobile del nostro patrimonio per fornire una prima accoglienza alle persone in fuga – commentano gli assessori Lucia Poletti, con delega ai diritti dei nuovi cittadini e politiche di welfare, e Veronica Valmori, con delega al Patrimonio –. Un segno concreto del fatto che siamo al fianco di questo popolo. Vorremmo ringraziare i nostri insostituibili servizi sociali e tutta la comunità per la grande rete solidale che si è creata».

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