Lugaresi ai giudici: "Fui convinto a ricomprare l'Ac Cesena, poi vennero a galla debiti altissimi e sconosciuti"

Cesena

Al processo per le false fatturazioni ed il depauperamento dell’Ac Cesena nell’era di Igor Campedelli, ieri la scena è stata catalizzata da chi formalmente ha presentato denuncia per “i conti che non tornavano” ed ora si trova a sua volta imputato: l’ultimo presidente dell’Ac Cesena Giorgio Lugaresi.
In qualità di imputato ha rilasciato spontanee dichiarazioni raccontando la sua verità, ripercorrendo anche tutta la storia che ha affiancato il suo nome a quello delle sorti della società calcistica poi fallita.
Un racconto che è partito dai primi fasti della società e di come la stessa fosse arrivata alla sua duplice gestione (inframezzata da quella di Igor Campedelli) partendo dal prozio Dino Manuzzi per passare poi a lui da suo padre Edmeo Lugaresi.
«Fui convinto a riprendere le redini dell’Ac Cesena dall’allora sindaco Paolo Lucchi - ha spiegato in aula - Mi rappresentò quelle che apparivano difficoltà insormontabili della nuova proprietà. Non voleva arrivare alle nuove elezioni con lo spettro di una società calcistica cittadina che sarebbe potuta fallire. E mi garantì che se mi fossi nuovamente impegnato ci sarebbero state molte realtà economiche cittadine ad appoggiare il mio ritorno al comando della squadra».
Lugaresi ha spiegato di essersi convinto. Punto nel vivo per quella che era una fetta consistente della storia della sua famiglia che pareva in disarmo. Ma una volta firmato il nuovo acquisto del cavalluccio dalle mani di Campedelli, trovò dei debiti pesanti ed impellenti di cui non era a conoscenza.
«A quel punto presentai subito denuncia. Nella convinzione che questo potesse bastare a sistemare le cose. Ma all’inizio quella denuncia non provocò nulla di concreto. C’erano milioni di debiti con società estere di cui non ero a conoscenza. Cambiali da pagare assolutamente e con urgenza. Altrimenti i revisori non avrebbero potuto certificare il bilancio. Io ho pagato. Ed in buona fede ho firmato la dichiarazione Iva: era l’unica maniera per poter iscrivere la squadra. Altrimenti tutto sarebbe andato perduto».
Lugaresi ha ripercorso anche episodi specifici. Come l’affare Yuto Nagatomo. Il nazionale giapponese fu ceduto all’Inter dal Cesena di Campedelli per 10 milioni. «Un giocatore che era in prestito a 150mila euro con diritto di riscatto ad un milione e mezzo. Prima del mio ritorno fu chiesto al Tokio Fc, ma con una semplice accettazione come via libera alla conclusione dell’affare, il permesso per completare la vendita. Ma il milione e mezzo del riscatto il Tokio non l’ha mai ricevuto da chi gestiva la squadra prima di me».
E per Lugaresi, tirato per la giacchetta dall’Uefa, quello è stato un altro debito da saldare con rapidità. Pena il blocco della squadra ed il non poter proseguire nei campionati. Altri debiti a cui far fronte che non erano stati previsti.
In calendario d’udienza c’era ieri la possibilità che anche Igor Campedelli potesse rendere spontanee dichiarazioni. L’ex presidente ed imputato ieri però non era in aula.
Sentito Lugaresi (difeso dall’avvocato Giovanni Maio) poi si è tornati su questioni tecniche dei debiti e delle fatture contestate. Il presidente del collegio sindacale Bondi ha spiegato come i contatti per tante questioni economiche fossero tenuti in buona parte dall’imputato Luca Leoni (difeso dall’avvocato Alessandro Sintucci). Chiarendo il perché alcune fatture contestate fossero state emesse a favore di Leoni in un arco temporale in cui non era più in carica. Si trattava di consulenze e lavoro svolto in passato, ma che veniva fatturato quando si concretizzava il pagamento: anche se ciò avveniva in tempi lontani dalla prestazione erogata.
In aula si tornerà tra una settimana. Per sentire altre testimonianze della difesa Leoni e testimoni portati dall’avvocato Belloni di Milano che tutela Igor Campedelli.

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