Lucinato e Venturini: il design per la post pandemia

Riavviare l’economia con l’innovazione è un must di questi tempi. Ma cosa vuol dire innovazione e perché si deve innovare? Secondo l’OECD, con il termine innovazione si intende un nuovo o “significativamente migliorato” prodotto (o servizio), processo, o una nuova metodologia di marketing o struttura organizzativa per le pratiche di business, per l’organizzazione o per le relazioni esterne.
Più complesso è rispondere alla domanda perché si deve innovare. Da un punto di vista aziendale, l’innovazione permette di accrescere le vendite, aumentare il vantaggio competitivo, diminuire i costi aziendali e rafforzare la posizione sul mercato. Da un punto di vista sociale l’innovazione ha contribuito a migliorare, in certi ambiti, la qualità della vita ed è ritenuta l’elemento cardine del progresso, ma a quali condizioni?
Vi è il rischio di produrre altre merci in un mondo che ne è già saturo, invaso da imballaggi, messaggi pubblicitari, una società che offre servizi per qualsiasi esigenza, crea costantemente nuovi bisogni e vende anche i beni comuni.
Per sopperire a questo dilemma, il design può essere di aiuto.
Secondo una definizione ormai desueta il design è l’attività di progettazione di un oggetto che si propone di sintetizzare funzionalità ed estetica.
Così è stato nel dopo guerra, quando il design ha contribuito a dare forma ai nostri oggetti e al nostro immaginario quotidiano. Uno tra i più noti designer, Bruno Munari ricorda che il designer “è un progettista con senso estetico che dà la giusta importanza ad ogni componente dell’oggetto da progettare e sa che anche la forma definitiva dell’oggetto progettato ha un valore psicologico determinante al momento della decisione di acquisto da parte del compratore.”
Oggi viviamo in una società molto più complessa di 70 anni fa. Il mondo si trova a dover affrontare sfide di carattere sociale, ambientale ed economico decisive per il futuro della umanità. In questo nuovo contesto, il designer può progettare veicolando nuovi valori, facendo attenzione all’intero ciclo di vita degli oggetti, producendo soluzioni efficaci, che durino nel tempo, che non inquinino e creino valore.
Il design può anche aiutare a immaginare scenari futuri, spostare l’economia da materiale a immateriale, progettando processi, servizi, può riorientare le organizzazioni lungo le direttrici della responsabilità e della rilevanza sociale.
Il ruolo del design può quindi essere centrale nel coniugare le esigenze del sistema economico con quelle della sostenibilità ambientale e della solidarietà sociale. È questo il modo in cui un designer contemporaneo dovrebbe concepire ogni suo atto creativo, specialmente se coinvolto in una delle più intense esperienze progettuali degli ultimi decenni: arginare nel più efficace dei modi il persistere del virus conosciuto come SARS COV 2. Sulle prime sembrerebbe un ruolo non pertinente a tale mestiere; istintivamente affidiamo al personale medico, infermieristico o paramedico l’immediata tutela della nostra salute, non senza una naturale ragione. Ma soffermiamoci ora ad osservare le persone, gli ambienti e le cose che compongono il corpo della nostra sanità pubblica; avremo certamente notato particolari camici, mascherine, schermi facciali, attrezzature da laboratorio, strumenti di diagnosi, di misura, arredi, forse persino il colore di certe divise o reparti. In aree tecniche e nelle camere operatorie poi i dispositivi medici, spesso a noi inaccessibili, si moltiplicano nel numero e nella complessità ed una piccola parte di questi è entrata senza preavviso nel nostro quotidiano. Proviamo adesso a rispondere al quesito: chi progetta tutto questo? Non saremo così parziali proponendovi la figura del designer come unico artefice ma grazie a sue specifiche competenze fredde componenti tecniche, la cui funzione è la sola ragione del loro esistere, riescono invece ad incontrare l’utenza in situazioni di felice integrazione reciproca. Lo osserviamo, spesso inconsapevolmente, anche nei più semplici oggetti che usiamo ogni giorno. Il designer quindi come traduttore e mediatore fra linguaggi tecnici, percettivi, produttivi ed estetici, quindi ruolo essenziale anche dove potrebbe sembrare non ci sia la sua partecipazione.


Di come intendere in tal senso questa professione e di quale è il ruolo del progetto durante l’emergenza in corso, ne parleremo durante gli workshop organizzati dall’Università della Repubblica di San Marino all’interno del Corso di Laurea in Design dal 6 al 10 luglio. “Ri > avvicinarsi” è il tema unificante per tre moduli didattici che si occuperanno della progettazione di dispositivi di protezione, di nuove pratiche per una ritrovata socialità e di sistemi visivi che informino ed educhino.
Il contributo di esperti nel settore dell’ergonomia, della produzione e del commercio etico completeranno questo momento formativo i cui risultati entreranno effettivamente nella vita della nostra comunità studentesca.

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