Lorenzo Semprini e Massimo Cotto a Lugo, nuovo disco e racconti

Il cavalier Massimo Cotto (onorificenza ricevuta nel 2012) è uno dei più eclettici personaggi dello spettacolo italiano. Ha fatto di tutto: deejay, presentatore, musicista, critico musicale, teatrante, scrittore (vanta oltre 70 libri pubblicati), perfino amministratore pubblico: è stato assessore alla Cultura di Asti, sua città natale. Cotto sarà questa sera 31 luglio a Lugo, per presentare il nuovo disco solista del rocker riminese Lorenzo Semprini, leader dei Miami and the Groovers.

Cotto, cosa ne pensa del disco e cosa farete a Lugo lei e Semprini?

«Faremo una presentazione atipica, uno strano spettacolo dove lui canta a io provo a raccontare delle storie. Siamo partiti da una frase di Wim Wenders: il mondo è a colori ma realtà in bianco e nero. Quindi noi proviamo a colorarlo. Naturalmente parleremo dei temi affrontati dalle canzoni di Lorenzo, dai ricordi all’adolescenza, la notte, i sogni e le privazioni, la perdita. Io ho provato a immaginare storie parallele alle sue. Come sempre se la cosa sarà figa sarà figa; se farà schifo, ci perdonerete. Sul disco voglio dire che scrivere in italiano per la prima volta come ha fatto Lorenzo, significa mettersi a nudo. Quindi per me è il suo disco più intimo, vero, va in profondità. Apparentemente ha una sua unitarietà stilistica, ma in realtà è un disco complesso, suonato con tanti musicisti. Certo se l’avesse fatto a 20 anni... Ma forse non poteva farlo prima, bisogna aver vissuto per scrivere certe cose!».

Lei ha fatto davvero di tutto (guardate su Wikipedia): cosa le manca? Cosa vorrebbe ancora fare che non hai già fatto?

«C’è sempre qualcosa che vorresti fare, un uomo deve avere un sogno altrimenti non si potrà avverare. Faccio quello che mi piace. A Natale chiedo sempre che l’anno successivo sia uguale al precedente. Sono fortunato, vivo di parole che riesco a declinare, spesso improvvisando. Non ho mai desiderato fare altro: non volevo suonare, inventavo recensioni già a 5 anni».

Lei è stato anche un amministratore pubblico. Dall’alto di questa tua esperienza, come giudica la gestione della cultura in Emilia-Romagna?

«Posso soltanto vederla da fuori, e mi sembra che si facciano tante cose. A me piace molto il “Light of day” all’insegna dell’improvvisazione assoluta, sempre uguale eppure sempre diverso. C’è più bisogno di questo che della perfezione. Adesso sono curioso della presentazione all’alba che faremo il giorno dopo la sera di Lugo, a Cesenatico, sempre con Semprini. Mi toccherà “fare il dritto”, come dite in Romagna, e spero di non beccare l’unico giorno di pioggia…».

L’anno prossimo compie 60 anni… Come festeggerà? Non sarebbe bella una megafesta magari su un palco romagnolo con tanti dei tuoi amici artisti?

«Io sono allergico alle feste di compleanno, mi danno fastidio. Solo una volta ne ho organizzato una per i miei 50 anni: era il giorno in cui c’è stato il terremoto in Emilia! I parenti di mia moglie, che erano venuti ad Asti, sono tornati indietro…. Meglio di no!».

Le scene più belle viste su un palco?

«Alcune me le ha fornite il mio amico Giorgio Faletti. Per lui era faticosissimo andare sul palco, stava male, somatizzava tutto, aveva il terrore della gente. Ma, una volta salito, non c’era verso di farlo scendere! Oppure quella volta che il presentatore di un concerto di Lou Reed disse solo: “Buonasera!”, e gli tirarono di tutto. Volevano la star, non ascoltare lui».

Prossimi impegni?

«Il nuovo libro “Rock is the answer” uscirà in autunno, parla di 150 musicisti che ho intervistato. Ho selezionato dei blocchi di risposte che possono farci star bene. Il precedente “Rock therapy” era andato bene: partivo dal presupposto che le canzoni possono salvarti la vita, se non il mondo. Ho avuto la fortuna di intervistare tutti, ho tanto materiale inedito. Poi porteremo avanti il nuovo spettacolo teatrale “Decamerock”: l’anno scorso a Sant’Agata Bolognese avevamo fatto la prima data, poi si è fermato tutto. Ma adesso ripartiamo, 5-6 date estive e poi in autunno».

Lei è famoso anche per le sue sgargianti, originalissime magliette…

«Me le regalano gli ascoltatori, me le fanno, ne ho migliaia, se ne cerco una non so dove trovarla. Anche quando facevo l’assessore andavo in Consiglio comunale in maglietta».

Lei lavora a Virgin Radio di Richard Branson. Cosa pensa del suo boss lanciato alla conquista dello spazio?

«Penso che vorrei avere le intuizioni che ha avuto lui, credo che incarni i desideri intimi di ognuno di lui: rifugi antiatomici, lo spazio… io sono molto più banale. A me basta la musica».

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