Longiano: partita a scacchi per comprare Suba Seeds

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Nella cessione della multinazionale americana Verisem (che comprende la ditta sementiera longianese Suba) a Syngenta (multinazionale cinese-svizzera), vi è nel mezzo la volontà di Coldiretti di acquisire Suba e creare un grande polo italiano delle sementi.

Coldiretti ha ispirato la cordata che dovrebbe sostituirsi a Syngenta nell’acquisto di Verisem-Suba: sarebbe costituita da Bonifiche Ferraresi e Fondo Italiano d’investimento. Bonifiche Ferraresi già controlla il 41% di Sis, la Società italiana sementi. E lo scorso anno Bonifiche Ferraresi ha creato la società Consorzi Agrari d’Italia che comprende gli ex Consorzio Agrario Adriatico, Centro Sud, Emilia e Tirreno. Il Consorzio Agrario Adriatico aveva come spina dorsale l’ex Consorzio Agrario di Forlì-Cesena e Rimini, una struttura che, amministrata per anni con sapiente parsimonia da Domenico Scarpellini (all’epoca anche presidente di Macfrut), successivamente e in pochi anni ha conosciuto un crollo verticale ed è stata salvata in extremis fino all’ultima fusione, perdendo però tutta la propria autonomia.

Tutto questo per far capire quale è il progetto di acquisto di Verisem e a chi fa capo. Vi sono però alcuni nodi da scogliere.

Il primo è capire perché, quando 6 anni fa il Fondo americano PSP acquistò il 90% di Suba, nessuno ebbe nulla da eccepire.

Il secondo dubbio è capire se il Governo italiano possa applicare un veto, chiamato in maniera esterofila Golden Power, su questa vendita. Verificando sul sito ufficiale del Governo nella sezione Golden Power, si legge che “i settori in cui si può porre il veto sono quelli della difesa e della sicurezza nazionale, nonché in alcuni ambiti ritenuti di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti, delle comunicazioni” e nulla è citato circa sementi o settore alimentare.

Però, il Regolamento (UE) 2019/452 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 marzo 2019 che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell’Unione, all’articolo 4 comma C parla più genericamente anche di “sicurezza dell’approvvigionamento di fattori produttivi critici, tra cui l’energia e le materie prime, nonché la sicurezza alimentare” perciò il veto potrebbe rientrare in questa voce.

Non è escluso che tutta la partita diventi una sfida a scacchi, per muovere pedine e cercare di mangiarne una in più all’avversario. Di certo è anche una questione di soldi: la cordata italiana offrirebbe a Verisem molto di meno rispetto a Syngenta per l’acquisto dell’azienda.

Una cosa è comunque certa: al di là dei veti e degli ostacoli posti alle vendite fra paesi esteri, sarebbe meglio che l’Italia investisse seriamente in ricerca di nuove varietà e innovazione su tutte le filiere agricole, dalle estensive alle orticole, passando per la frutta. Perché le multinazionali hanno in mano la gran parte dei brevetti in quanto da 25 anni a questa parte l’Italia ha rinunciato quasi del tutto ad investire nel comparto agricolo e quel poco che c’è è solo merito dei privati.

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