Longiano, Giulio Casale al teatro Petrella

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“Lettera da lontano” è una struggente canzone di Enzo Jannacci (1935-2013) che gli valse la targa Tenco 2002. Giulio Casale (1971) autore, cantante, musicista, dedito a un teatro canzone molto apprezzato, ne ha tratto spunto per il suo “Lettere da lontano” con cui ha girato l’Italia; spettacolo che venerdì 1 ottobre alle 21, al teatro Petrella di Longiano, apre la tre giorni di “Oltrepassi 201”, gran finale del progetto artistico di Maria Cristina Ballestracci che intreccia installazione, teatro canzone, musica, cinema. “Oltrepassi” tira le somme fino a domenica 3 ottobre, dopo sette anni di lena creativa. Ballestracci, che ha già collaborato con il cantautore, affida a Giulio Casale lo spettacolo introduttivo; lui con canzoni proprie, musiche, testi di altri autori, si ricollega a suo modo ai temi dell’artista riminese attraverso un teatro canzone ricco di riflessioni sul presente.

Casale, qual è stata la genesi di queste sue “lettere” ?

«Nel lungo periodo di inattività da pandemia, ho riscoperto “Lettera da lontano” di Jannacci. In quei mesi ho inaugurato anche “Patreon”, un mio social network con cui ripago il contributo mensile degli ascoltatori con audio, video, canzoni, letture, pezzi di teatro. Ho così intrapreso un lavoro di ricerca e di riscoperta di cose che mi avevano formato ed emozionato. Tutto ciò che parlava di lontananza e di ritorno ai sentimenti all’essenzialità mi ha trapassato, e mi ha portato a costruire anche questo spettacolo».

Cosa mette dentro al suo lavoro di teatro canzone?

«Lo spettacolo è un collage di canzoni e scritti miei, mescolati a pagine letterarie e brani di altri; mi sembra, dopo quello che abbiamo vissuto, che ci dovrebbe riportare a un’ipotesi di fratellanza, di cooperazione, di convivenza pacifica».

Quali autori e pezzi di altri sono “ospiti”, e quali suoi?

«Di Mariangela Gualtieri leggo la poesia “Nove marzo 2020”, cito Joseph Brodsky poeta e drammaturgo russo, e Pier Paolo Pasolini. Dello scrittore e regista scelgo “La solitudine”, poesia significativa dei nostri momenti di chiusura forzata. Di Giorgio Gaber invece canto “Lona” (da “Libertà obbligatoria”), sul rapporto col cane. È paradossale come abbiamo riversato la nostra capacità di amare sugli animali, più che sugli esseri umani. C’è anche il Battiato di “Clamori” (da “L’arca di Noè” 1982) che esprime la contraddizione in cui siamo tutti dentro, tra ricerca personale e un mondo sempre in preda a crisi, catastrofi, violenze. Unisco ovviamente anche i miei pezzi più inerenti, come “Soltanto un video” il cui terribile ritornello domanda: “Ci siamo amati noi, o era soltanto un video?”. È un segno della contemporaneità dove tutto è virtuale, persino i sentimenti. Ma è difficile raccontare lo spettacolo, bisogna venire e toccarlo con mano».

Quindici anni di teatro canzone con voce e chitarra, cosa le piace di questo suo lavoro in solitario?

«Per me il teatro con musica è il mestiere più eccitante del mondo, è una forma che offre tante possibilità di ricerca e creatività. Dalla drammaturgia allo scrivere, al lanciare canzoni, è un lavoro talmente composito dal punto di vista autorale prima, e dell’interprete dopo; è anche fra i mestieri più complessi ma, ripeto, eccitanti».

È ospite di “Oltrepassi 201” di Maria Cristina Ballestracci; cosa la lega a questa artista?

«Fra me e Maria Cristina c’è stima profonda e affinità dal punto di vista dell’estetica e di un certo amore per la letteratura e poesia. Ci siamo conosciuti nel 2019 a Rimini, a “Porto sicuro”, da allora è nata una corrispondenza estetico-artistica. In luglio abbiamo collaborato insieme a Pennabilli. Mi piace il suo lavoro per l’affinità di ricerca e spirito di rivalutazione delle piccole cose. In “Oltrepassi 201” c’è interdisciplinarietà, fusione delle arti, così come nei miei spettacoli convivono drammaturgia, prosa, canzone. Il senso è proprio questo: stare dentro le cose, una dentro l’altra, come se senza l’una non potesse esistere l’altra».

Info: 0547 666008

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