Lo storico bignè di Santarcangelo rinato in Via Saffi 32

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Era qualcosa che mancava, o meglio che era venuto a mancare in paese. A Santarcangelo, nel borgo dell’entroterra riminese, sovrappopolato di offerte gastronomiche di ogni tipo e in larga parte di alta qualità, una delle poche cose che non si trovava era proprio qualcosa che già c’era stato, ma si era perduto e ora è tornato ad essere una piacevole e dolce quotidianità grazie all’ultimo locale aperto dalla famiglia Maggioli: la bottega Via Saffi 32.

Bottega dei lievitati

Lievitati e non solo. Qui si sfornano ora tutti i dolci che poi figurano in carta nella dirimpettaia Sangiovesa, osteria storica prima nata del gruppo, e in più si fa bottega da asporto, e si servono aperitivi e cocktail in accompagnamento a focacce e altri prodotti da forno. Il banco di Via Saffi 32 è stato uno dei più presi d’assalto alla recente edizione di Al meni nel cuore di Rimini, mentre in loco, la domenica il bignè alla crema ha ricominciato ad essere un rito per i santarcangiolesi, e non solo una bella scoperta per i turisti di passaggio.

La riscoperta del bignè

«L’idea iniziale era quella di fare una pasticceria, poi si è optato per la bottega. Abbiamo recuperato questo che era il negozio di un elettricista, mantenendo anche alcuni dei lampadari che facevano parte dell’esposizione, e creato il piano soprastante che si affaccia su quello che succede di sotto. Il soffitto lo abbiamo fatto dipingere all’artista riminese Eron. La natura di bottega poi è stata mantenuta perché abbiamo deciso di proporre qui, oltre alla produzione di lievitati, focacce, torte e ciambelle, anche tutti i prodotti della nostra Tenuta Saiano – spiega Cristina Maggioli, titolare che ha seguito tutto il progetto –. Abbiamo pensato di dare in mano le redini della produzione al nostro pasticcere che da 21 anni lavorava nelle cucine della Sangiovesa, Andrea Marconi ». A spiegare come è andata col bigné, che in fretta è diventato il prodotto di punta, è lui stesso. «Il bignè di Santarcangelo storicamente era quello del Bar Commercio di Arrigo che ora non c’è più – spiega lo chef –. Un po’ di tempo fa l’associazione Brigata del diavolo di Fausto Fratti ha pensato di riproporne la produzione creando un tour fra chi volesse cimentarsi nel rifarlo. Con lo chef della Sangiovesa Massimiliano Mussoni, che fa parte di quella stessa associazione di cuochi, abbiamo cercato di rifare quello che, dai racconti, ci pareva essere il bignè originale, la cui ricetta però non si trova più». Si tratta appunto di un bignè, quindi a base di pasta choux, farina, acqua, burro e uova. La sua peculiarità è la forma, non rotonda ma leggermente ovale e allungata, di una certa dimensione. Il ripieno è di crema pasticcera che lo chef di Via Saffi 32 prepara con «uova freschissime della Tenuta Saiano, di cui utilizzo solo i tuorli, latte alta qualità della Centrale del latte di Cesena, e vaniglia pura in bacello». Ovviamente in paese ognuno ha detto la propria e sui social si è scatenata una grande discussione, fatto sta che di questi bignè ogni domenica mattina se ne sfornano e guarniscono almeno 250. «Fedele all’originale o meno, il fatto è che fatto con questi ottimi ingredienti non può che venire molto buono. Si vede che lo facciamo come la gente lo vuole, visto che in effetti è piaciuto tanto», scherza lo chef.

Non solo bignè

Dal forno di Andrea Marconi non escono però solo le immancabili torte alla ricotta, della nonna coi pinoli, o allo scquacquerone e fichi caramellati che sono una presenza fissa nel menù della Sangiovesa e vengono ora anche vendute al pubblico, ci sono anche ciambelle romagnole e dolci che rivisitando anche tradizioni altrui sono diventate specialità della casa. Come la bombetta. «La bombetta mutua l’impasto della brioche col tuppo siciliana e insieme anche la farcitura del cannolo, quindi a base di ricotta freschissima e zucchero, ricoperta di pistacchi tritati», spiegano in bottega. La bombetta, come del resto anche il bignè, ha la sua specifica scatolina da asporto fatta su misura. È la prova che allo chef piace sperimentare e inventare: «Io nasco come cuoco e ho sempre lavorato in cucina – racconta Andrea –, solo che quando andavo in ferie anziché andare al mare frequentavo ogni tipo di corso di pasticceria, che in effetti è la mia vera passione».

Focacce e tigelle

Virando poi sul salato ecco le focacce con diverse farciture, tutte speciali e legati alla stagione dell’orto e della produzione. L’impasto lievita per almeno 90 ore, quindi subisce una prima cottura poi viene abbattuto e rigenerato alla bisogna. «Utilizziamo questo processo pezzo per pezzo, ogni teglia è uno strato di focaccia, che così non dobbiamo tagliare al momento della farcitura, ma mantenere intero», spiega Marconi. La farcitura che va per la maggiore è quella ai sardoncini marinati e radicchio, quella premiata dal Gambero rosso è quella di cotto alla brace, pomodoro fresco, salsa yogurt e finocchietto selvatico, ma c’è anche quella alla porchetta di Tenuta Saiano, misticanza e remoulade, o con salame sempre Tenuta Saiano, caprino fresco e pomodori confit. Le tigelle, fatte coi grani bio della Valmarecchia, portano un po’ di Emilia in Romagna e si sposano ovviamente benissimo coi salumi, ma vengono proposti anche con verdure e formaggi. In scaffale, invece oltre ai vini della Tenuta Saiano ci sono anche i vermuth prodotti nella stessa azienda con la consulenza di Baldo Baldinini. Qui si è concentrata infatti anche la proposta che era della vicina Vermuteria, ora chiusa, in carta figura quindi anche un’ampia proposta di cocktail a base di prodotti di Tenuta Saiano.

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