Lo società della rabbia e della collera

Giuliano da Empoli, ha scritto due libri, “La rabbia e l’algoritmo”, prima, e poi l’ultimo, “ Gli ingegneri del caos”, spiegano molte delle cose che ci stanno succedendo. Ci fanno capire la società della rabbia e della collera. E l’odio, gli insulti, le trasmissioni radiofoniche e televisive urlate, i post che invocano morte, stupri, malattie, forche, forconi. Ci fanno capire anche perché un Ministro degli Interni si rivolga ad una ragazza di 31 anni, la Capitana, definendola “delinquente”, invocando l’arresto, “arrestatela!”.

Ci fanno capire perché gli amici di Salvini, “quelli del popolo”, vorrebbero la “stuprassero i suoi negri” e perché meriterebbe tutto questo, perché “vogliamo vedere le manette”, perché è “una ricca”, “una figlia di papà”.
Ci spiegano anche Salvini al 37%.
In “La rabbia e l’algoritmo”, da Empoli ricostruisce i filoni della rabbia che hanno attraversato i secoli, e il Novecento, soprattutto, quello che Robert Conquest ha definito “il secolo delle idee assassine”, delle grandi guerre, delle dittature in nome del popolo, del terrorismo. Ricostruisce come la rabbia o è stata incanalata politicamente da grandi organizzazioni politiche o religiose, oppure si è manifestata pienamente dentro le peggiori opere dell’uomo.
Oggi dice Giuliano da Empoli, la rabbia e la collera, sono “governate” da algoritmi, che consentono ai leaders populisti e nazionalisti, di catturare consenso, inseguendo, minuto per minuto, gli umori, gli istinti, la rabbia, l’ira, delle persone. Inseguendo ed alimentando.
Nell’ultimo libro, “gli ingegneri del caos”, da Empoli va oltre. Spiega il dominio degli algoritmi, le tecniche attraverso le quali, esperti manager del consenso al servizio dei Salvini o degli Orban o dei Trump, dei Di Maio, riescono a vedere, sotto la superficie, i “giacimenti d’odio”, gli umori e gli istinti e i pregiudizi, anche razziali, per tanto tempo nascosti e repressi e inconfessabili, portando tutto sopra la superficie. Quello che vediamo oggi, la società degli insulti, della collera, dell’ira, esiste dai tempi dell’Iliade, dall’inizio della civiltà occidentale, dice da Empoli. Vi ricordate “l’ira funesta di Achille”? È sempre stata dentro di noi. L’uomo combatte da sempre per contenerla, per indirizzarla verso il meglio, non sempre ci è riuscito, anzi, se osserviamo la storia, poche volte ci è riuscito.
Oggi non ci stiamo riuscendo.
Altro che nuova politica. È storia vecchia, vecchissima, da Achille al Colosseo, al “secolo delle idee assassine”, sino a questi nostri giorni.
Si sono rotti tutti i tabù, sono saltati i freni di una educazione civica e politica e liberale e democratica, faticosamente costruita nei decenni dopo l’ultima guerra.
Oggi stanno crescendo “generazioni politiche con parole d’ordine illiberali”, “droghe pesanti del nazional-populismo”, che si stanno diffondendo. E non è detto, avverte da Empoli, che “assuefatti alle droghe”, di fronte alle promesse non mantenute, non mantenibili, dei populisti, il “popolo”, torni ad invocare, “ la camomilla dei partiti tradizionali”. Chiederanno sempre qualcosa di più forte.
È quasi sempre successo in Sudamerica, sta succedendo anche in Nordamerica.
Sono saltate in aria o sono in forte crisi, le “banche della collera”, la Chiesa, innanzitutto, poi i grandi partiti di massa, che accumulavano al loro interno, energie da spendere, “da mobilitare nell’ottica di un progetto politico, di lungo periodo”. Grazie a questo schema, “il perdente” poteva trasformarsi in “militante” e la “sua ira nei confronti dell’esistente trovava lo sbocco politico di una prospettiva di cambiamento”.
Il Sol dell’Avvenire, per alcuni di noi.
Oggi comanda l’algoritmo, non c’è futuro, tutto è al presente. E tutto è diretto, un leader un popolo. Così si spiega l’insulto continuo al Parlamento, la demolizione dei partiti, il rosario di Salvini contro la chiesa. È questa l’ora della vendetta. Nei confronti di chi “ ha tradito” il popolo! È l’occasione che i nazional-populisti danno ai propri elettori, castigare le classi dirigenti. Non un programma, una clava!
I comizi di Trump finivano con un “sbattetela in prigione”, urlato dal popolo verso Hillary, perché troppo antipatica, potente, ricca. Meno di Trump il vendicatore, ma che importa.
Bolsonaro ha vinto le elezioni dicendo ad una sua avversaria politica: “non ti stupro perché sei troppo brutta”, “arrestatela”, dice Salvini alla Capitana, “fatti stuprare” dicono i fan del Capitano.
Come si vede, sono cose già viste, da Achille in poi. Niente di nuovo. Ma siamo di nuovo in un bel guaio.
È necessario reagire. Ci vuole coraggio, consapevolezza, forza.
Chi non vuole tutto questo non si deve perdere nel dettaglio, deve unire le forze, sapere che il proprio ego, fa più danni della collera degli altri. E provare a costruire, a ricostruire, sapendo che sarà un percorso lungo, che richiede impegno e serietà. Non ci sono scorciatoie. Perché la cultura illiberale è egemone.
Ma è l’unica strada.
Intanto, grazie a Giuliano da Empoli.
(*) già parlamentare

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