Lo scrittore Christian Raimo a Santarcangelo per “InVerso”

«Vedo una scuola in fiamme, incendiaria ma in pericolo. Oggi viviamo l’apocalisse, ma anche l’ultimo momento in cui è possibile agire…».

Christian Raimo, scrittore, giornalista, docente di Filosofia e storia con una cattedra divisa fra tre scuole, spiega così quel buco dagli orli bruciati raffigurato sulla copertina del suo libro L’ultima ora. Scuola, democrazia, utopia (Ponte alle Grazie editore).

L’autore romano, in dialogo con Giovanni Bocca Artieri, lo presenta oggi alle 16 alla Biblioteca Baldini di Santarcangelo per la rassegna InVerso che festeggia il nono compleanno della Casa della Cultura.

Alle 18 poi Giuliana Sgrena con Gigi Riva racconta il suo graphic novel Baghdad, i giorni del sequestro.

Professor Raimo, fra scuola e utopia c’è un buco nero.

«Una crisi dovuta a cause molto chiare, prima di tutto il definanziamento massivo operato dai governi da Berlusconi in avanti. Nel 1971 in Italia la spesa per cultura e formazione era del 19,1% del budget statale, oggi dell’8%. Certo ci sono meno bambini e adolescenti, ma è il contesto a richiedere per l’istruzione una qualità maggiore, e investimenti. Pensi ai docenti: con 10-15 anni di carriera, io ho perso circa il 30% del mio potere di acquisto e con i costi di una città come Roma sono quasi… un homeless: questo squalifica il mio lavoro, e mi riduce la possibilità di fare bene le cose».

Eppure la scuola pubblica italiana mediamente “tiene”.

«Ma è il tempo scolastico che non è sufficiente, quello per la relazione educativa e la cura. Così, di fianco a quella pubblica si afferma la scuola privata delle lezioni private, senza regole e profondamente classista. E mancano invece gli aiuti per chi è fragile, così che alle superiori l’Italia ha un 13% di dispersione, per la scuola media lo 0,8 il che implica che un ragazzo su 120 non prende neanche quel diploma…».

Però nel libro una soluzione viene ipotizzata.

«Il tempo pieno in tutte le scuole: un progetto di welfare e di democrazia che permetterebbe di seguire meglio i ragazzi, di internalizzare i corsi di recupero che quasi nessuna scuola ha. La realtà invece sono classi pollaio, riduzioni di ore e di organico, per cui la scuola italiana finisce per essere emarginalizzante e classista. E questo succede con la ratio, evidente negli ultimi anni, di escludere e di schiacciare verso il basso in vista del reperimento di manodopera a basso costo».

Invece ampliare il tempo della scuola sarebbe utile anche per spezzare questa tendenza.

«Certo, perché è proprio la scuola in certi contesti a fare da welfare. Aprendo la sera, il pomeriggio, nei fine settimana, prendendosi il tempo per affrontare le problematiche ma anche le diverse necessità di formazione educativa, ci si potrebbe dedicare alla persona in maniera globale, cosa che andrebbe a vantaggio anche dell’economia visto che si va verso un mondo in cui caleranno le produzioni e ci sarà sempre più bisogno di relazioni e cura».

Lei ipotizza anche di ispirarsi ad altri sistemi educativi per recuperare posizioni.

«Ma in realtà, basterebbe ispirarsi… a noi stessi. Al progetto Brocca, per esempio, l’ultimo grande esperimento che già a suo tempo poneva al centro la logica informatica. Invece abbiamo l’introduzione dell’educazione civica, dell’alternanza scuola-lavoro, che tolgono tempo alla scuola».

Ma non parliamo di cose negative.

«Parliamo però di attività da fare altrove: scolarizzando la società, gli uffici, le fabbriche, non trasformando il senso dell’educazione».

La sua è una formazione classica: è ancora attuale?

«Lo studio del latino e della cultura classica ci dà la possibilità di conoscere il mondo da cui proveniamo e di accostarci alla comprensione della natura umana in modo diverso. Anassagora, Protagora, Platone… il loro pensiero fa da base alla cultura di tutti i Paesi: perché proprio noi dovremmo ridurre o togliere ai nostri studenti la possibilità di accedere a questa ricchezza?».

Libero. Info: 0541 356299

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