L’insulomania di Fiori nel suo ultimo libro "Isolario italiano"

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Un isolario sentimentale, un viaggio tra isole reali e fantastiche, passate e presenti, emerse e sommerse. Capri, Elba, Ponza, Procida, Stromboli e altre isole italiane, raggiunte a vela, a remi, o con quei piccoli affascinanti traghetti che fanno instancabilmente la spola con il continente. Esplorate a piedi o in bici, ma anche a nuoto. Asteria, Utopia, Ferdinandea, isole sognate, davanti a vecchie carte manoscritte o a nuove fotografie satellitari. Comunque le si raggiunga, le si esplori o le si sogni, le isole rimangono luoghi dell’anima, dove è più facile ascoltare se stessi e gli altri, la natura e la storia. La loro quotidianità ci affascina, la loro straordinarietà ci ammalia, siamo affetti da insulomania.
Nel libro ci sono anche isole adriatiche, la lagunare San Francesco del Deserto, San Nicola alle Temiti ed Elettride che ha posizione incerta. Alcuni marinai dicono si trovi trenta miglia a nordest di Ravenna.
Stromboli alle Eolie e San Nicola alle Tremiti sono isole reali dove dimora il mito. Mentre adesso vedo all’orizzonte isole fantastiche dove nasce la storia. Sono le Elettridi, le isole dell’ambra.
Bisogna aver navigato nelle acque smeraldine lagunari per capire la meraviglia degli antichi di fronte a isole di sabbia ambrata invisibili all’orizzonte. Bisogna essersi persi nelle nebbie opalescenti deltizie per rivivere lo stupore provato dagli antichi nell’arenarsi su un fondo morbido come il ventre di una dea. Fin da bambino, quelle acque le ho navigate e quelle nebbie le ho attraversate. Perciò mi innamorai subito delle isole Elettridi la prima volta che ne sentii parlare trent’anni fa, leggendo un libro per me fondamentale: “Grecità adriatica” di Lorenzo Braccesi. In quelle pagine trovai la mia rotta per l’Oriente greco, quello che mi ha portato dapprima a mettere la prua sulla dorica Ankòn e poi più a sud sulle isole dalmate di Issa, Phàros e Meleda, secondo il mito abitata da Calipso, e infine dopo altre duecento miglia a giungere nelle isole odissiache per eccellenza, Corfù, Passo e Cefalonia, fino ad arrivare a Itaca.
Indelebile nella mia memoria l’incipit del libro: «L’Adriatico fu per certo una delle vie per cui penetrò in Italia e in Europa la civiltà greca». Dovevo continuare a solcare quel mare per conoscere il più grande Mediterraneo greco. Una navigazione che continua ancora oggi, di porto in porto, di isola in isola.
Nei giorni tempestosi d’inverno, quando la Bora è severa e indiscussa regina adriatica, vado a piedi a leggere parole greche scolpite duemila anni fa su pietre gemelle di fondazione. Sono state murate nel Quattrocento, in esterno ai primi pilastri del Tempio Malatestiano, bianco come una vela. Celebrano le gesta di un signore della guerra rinascimentale, pervaso di spirito greco.
Quando invece spirano benevoli zefiri primaverili alzo la vela e metto la prua verso il largo per raggiungere le Elettridi. Due sono le tracce lasciateci dagli antichi. Una porta verso il Delta del Po, l’altra nel golfo del Quarnero. Io scelgo la prima, anche se non ho coordinate precise, né geografiche, né storiche. Navigo a vista per raggiungere isole di sabbia, color dell’ambra, che appaiono e scompaiono a ogni stagione; polvere d’isole dove si concluse la tragica storia di Fetonte, che le sorelle Eliadi continuano a piangere…
Adesso, dopo mesi, mentre riordino gli appunti riapro “Le Argonautiche” e con loro ritorno in mare. Un mare tragico, con acque insanguinate del più atroce degli omicidi, perpetrato da Giasone sull’inerme Assirto, attratto con l’inganno da Medea, demoniaca sorella. Fuori, al di là dal vetro della mia piccola altana dove in un angolo conservo la tavola che ho trovato sull’isola, la Bora ulula e un lampo illumina la notte. Sul mare vedo i frangenti delle onde che, più a nord, staranno sommergendo ancora una volta la mia Elettride. Scomparirà con questa burrasca equinoziale d’autunno, per riapparire verginea nelle quiete giornate solstiziali d’estate. Torneremo ancora a camminare sulla sua sabbia inesplorata, ad ascoltare voci eliaidee, a cercare ambre filosofari.

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