Libro: Jo Nesbø - Il fratello

Roy, che da anni gestisce una stazione di servizio in un paesino tra le montagne, conduce una vita tranquilla e appartata. Suo fratello Carl, che è diventato un imprenditore di successo, se ne è andato da tempo in Minnesota. Quando però Carl farà ritorno a casa, con il grandioso progetto di costruire un hotel e trasformare il paese in una località turistica, Roy si troverà costretto, come nel periodo in cui erano ragazzi, a difenderlo dall’ostilità e dai sospetti degli altri…

“Il fratello”, nato dalla penna di JoNesbø, tra i più importanti autori di crime a livello mondiale, è uno di quei romanzi che fa superbamente il suo lavoro di thriller, andando però ben oltre i confini del genere. L’autore norvegese, che appartiene a quella categoria di scrittori in grado di affinare la propria scrittura nel tempo, costruisce una macchina perfetta, anche dal punto di vista della trama, dando il meglio di sé nelle parti che thriller non sono. Ne scaturisce un romanzo, in cui udiamo la voce del protagonista senza sosta, che risulta meno “appesantito” dagli stilemi di genere (anche se la scrittura di Nesbø paga sempre il suo tributo all’hard-boiled…) e che sembra situarsi all’incrocio tra la tradizione letteraria norvegese, la letteratura americana e quella dei grandi classici.

Attraverso le azioni, le riflessioni e le conversazioni dei personaggi che animano “Il fratello”, Nesbø, capace comunque di creare tensione e di far crescere la violenza pian piano, dimostra che il suo scopo principale è quello di voler dipanare il groviglio di menzogne, tradimenti e segreti che, spesso, si annida dietro la rassicurante facciata della vita familiare. Un racconto, il suo, che punta l’attenzione sui legami parentali, sulla lealtà nei confronti dei propri cari e sulle regole morali. Il tutto facendo ricorso a quegli elementi che più ne caratterizzano lo storytelling: lo stile asciutto, la tendenza drammatica e, come già detto, certi tratti legati alla letteratura internazionale.

“Le immagini del video erano sgranate per mancanza di luce e senza sonoro. O forse invece i rumori erano stati registrati, forse laggiù c’era un silenzio assoluto. Il rottame della Cadillac de Ville sembrava uno scarabeo rovesciato sul dorso e morto in quella posizione, con le zampe che si agitavano disperatamente in aria finché un passante ignaro lo aveva calpestato. Il sottoscocca arrugginito e in parte coperto di muschio e le ruote puntate verso l’alto erano intatti, mentre il muso e la parte posteriore dell’abitacolo erano schiacciati come se fossero passati nella pressa di Willumsen. Forse furono il silenzio e il buio di laggiù a far sì che le immagini mi ricordassero un documentario che avevo visto su delle immersioni esplorative del Titanic. Forse fu la vista della Cadillac, anche quella un bel relitto dalle linee di un tempo che fu, anche quella un racconto di morte improvvisa che si era trasformata in una tragedia narrata talmente tante volte nella mia e nell’altrui fantasia da diventare con gli anni inevitabile, scritta nelle stelle. La spettacolarità fisica e metaforica, la caduta verso l’abisso di quella macchina ritenuta superba. Le congetture su come doveva essere stato, la paura che si era impadronita degli occupanti quando avevano capito che era arrivata: la morte. E non una morte qualunque, non una vita vissuta che a poco a poco ti demoliva, ma quella senza preavviso, l’addio repentino, le casualità micidiali. Rabbrividii”.

<<Questo romanzo - ha scritto Mauro Alessandrini - ci mostra un Jo Nesbø in grandissima forma, anche se lontano dalle sue saghe seriali di successo. “Il fratello”, che unisce la suspense a una profondità psicologica davvero rara, è un pugno allo stomaco del lettore, nel senso migliore del termine, e non lascia tregua lungo tutte le quasi 650 pagine del libro>>.

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