Libro: George Orwell - Millenovecentoottantaquattro

Winston Smith, membro subalterno del partito che governa Londra, è costantemente monitorato dai teleschermi. L’onnisciente leader, il Big Brother, l’osserva ovunque vada. Il tentativo del partito di eliminare ogni possibile rivolta politica avviene tramite la soppressione dalla lingua di tutte le parole legate a essa e la creazione di un newspeak purificato. Avere pensieri ribelli è illegale. Winston, che lavora al Ministero della Verità dove è incaricato di alterare i resoconti storici a beneficio del partito, è frustrato e oppresso dai divieti imposti al libero pensiero, al sesso e all’individualità. Acquistato illegalmente un diario per registrare i suoi pensieri, passa le serate nelle zone povere in cui vivono i prolet, meno soggetti a monitoraggio. Quando comincia una relazione illecita con Julia, una collega del partito, viene sorpreso da una spia e nella Stanza 101 viene torturato psicologicamente. Rinuncia così all’amore per la donna e viene rilasciato, annientato e totalmente sottomesso al partito.

Pubblicato per la prima volta nel 1949 questo romanzo di George Orwell, riproposto ora in una nuova edizione dalla casa editrice Bompiani, è un vero e proprio monito contro i pericoli della società totalitaria.

Orwell fa qui esplicito riferimento al totalitarismo comunista - con Stalin incarnato dal Big Brother e il doublethink che mette alla berlina la filosofia di Lenin - e, da grande scrittore politico qual è, imbastisce un racconto, a più dimensioni, che tocca tematiche legate al potere della manipolazione della lingua e della storia, alla psicologia della paura e al controllo esercitato dall’informatica sulla società di massa. Il tutto attraverso uno stile di scrittura in cui gioca un ruolo fondamentale il newspeak, una lingua d’invenzione costruita sull’inglese, “plumbea” e rozza come l’universo che descrive.

“Il Ministero della Pace gestisce la guerra; il Ministero della Verità produce menzogne; il Ministero dell’Amore pratica la tortura; il Ministero dell’Abbondanza pianifica le carestie. Queste contraddizioni non sono casuali, né effetto di una banale ipocrisia: sono esercizi espliciti di doublethink. Solo riconciliando le contraddizioni si può restare indefinitamente al potere. Non vi era altro modo di rompere il ciclo della storia. Se si vuole evitare per sempre l’uguaglianza fra esseri umani - se i Superiori, come li abbiamo definiti, vogliono restare al proprio posto in permanenza - la condizione mentale preponderante deve essere una forma di rifiuto controllato della lucidità.

Ma resta una domanda che finora abbiamo sostanzialmente ignorato. È questa: perché evitare l’uguaglianza fra esseri umani? Ipotizzando di aver descritto correttamente il funzionamento di questi processi, qual è la ragione di questo colossale, studiatissimo sforzo di cristallizzare la storia in un momento specifico?

Qui si giunge al segreto centrale. Come abbiamo visto, il mistero del Partito, e specialmente del Partito Interno, si regge sul doublethink. Ma ancora più in profondità si trova il motivo primario, l’istinto mai messo in discussione che ha condotto alla presa del potere e all’esistenza del doublethink, della thinkpol, della guerra costante e di tutti gli altri corollari. Questa ragione consiste…”.

Malgrado l’assiduità con cui viene usato l’aggettivo “orwelliano”, il mondo con il quale ci confrontiamo oggi è assai diverso da quello concepito da Orwell (l’autorità si esplica attraverso canali differenti, più interiorizzati; i dispositivi di controllo che ogni giorno portiamo con noi non sono imposti con la violenza). Resta, però, la sua intuizione di fondo, quella perfettamente esplicitata dalle parole scritte sul romanzo da Vincenzo Latronico: <<“Millenovecentoottantaquattro” è in molti versi un documento storico: il documento non di una realtà ma di un incubo specifico di un’epoca. In confronto a tutto ciò, l’invenzione del newspeak è probabilmente il più grande risultato letterario e filosofico di George Orwell, il più assoluto. Le forme politiche e sociali dell’oppressione cambiano con le stagioni; ma la riflessione su come queste si compenetrano con la struttura della nostra lingua varrà finché avremo un linguaggio con cui comunicare>>.

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