Libri: Luca Crovi - Storia del giallo italiano

“Ho voluto e voglio fare un romanzo poliziesco italiano. Dicono che da noi mancano i detectives, mancano i policemen e mancano i gangsters. Sarà, a ogni modo a me pare che non manchino i delitti. Non si dimentichi che questa è la terra dei Borgia, di Ezzelino da Romano, dei Papi e della Regina Giovanna. Il romanzo poliziesco è il frutto rosso di sangue della nostra epoca. È il frutto, il fiore, la pianta che il terreno poteva dare. Nulla è più vivo e aggressivo della morte, oggi. Nel romanzo poliziesco tutto partecipa al movimento, al dinamismo contemporaneo: persino i cadaveri che sono, anzi, i veri protagonisti dell’avventura. Nel romanzo poliziesco ci riconosciamo quali siamo: ognuno di noi può essere l’assassino o l’assassinato”.

Così, in maniera diretta e dinamica, uno scrittore e intellettuale del valore di Augusto De Angelis rivendicava, sul finire degli anni Trenta, la dignità di un genere letterario come il giallo, al quale Luca Crovi, uno dei massimi esperti, ha voluto dedicare ora questo bel libro.

Crovi, analizzando il percorso del giallo italiano, in cui sembrano riflettersi i desideri nascosti e le paure inconfessabili di un’intera società, ne mette in evidenza alcuni elementi fondamentali: il fatto che siano stati scrittori del calibro di Eugène Sue, Alexandre Dumas, Victor Hugo, Émile Zola a spingere i “noiristi” italiani a compiere i primi timidi passi; l’esistenza di una “grammatica minima” specifica del poliziesco nostrano; il legame con molte delle vicende che hanno riguardato l’Italia, più facilmente “leggibili” attraverso le lenti del noir di casa nostra, che è andato configurandosi sempre più come una sorta di “romanzo della nazione”.

Via via che scorrono le pagine, tra successi editoriali e riscoperte di autori, il libro di Crovi finisce con l’assumere i contorni di una cartografia dell’inferno del Novecento: dalla Milano inizio secolo di Augusto De Angelis a quella del boom economico raccontata da Giorgio Scerbanenco, dalla Roma borghese e criminale di Carlo Emilio Gadda (che, come Sciascia, decise di abbracciare la letteratura di genere perché convinto che la gabbia del giallo potesse offrire a uno scrittore l’opportunità di essere, allo stesso tempo, popolare e sperimentale…) a quella delle bande di “Romanzo criminale” di Giancarlo Di Cataldo, dalla Vigata di Montalbano dipinta da Andrea Camilleri alla Bologna di Carlo Lucarelli e ai legal thriller di Giancarlo Carofiglio, fino ai gialli commedia di Marco Malvaldi, ai noir sociali di Massimo Carlotto e alla nuova affermazione del “giallo di provincia” di Valerio Varesi. Il tutto raccontato attraverso un modo di scrivere avvincente e dal quale emerge l’abilità di un autore capace di cogliere le differenze e le analogie fra trame e personaggi, ambientazioni e schemi narrativi.

“La letteratura di suspense, alla fine, ha un ruolo catartico. Genera paura e insieme rassicura con un finale positivo. Ma se questo vale per i gialli classici non vale per i noir, con la loro identità abrasiva e non rassicurante. Credo che la letteratura di genere non distragga il lettore dalla realtà ma anzi lo aiuti a guardarla con altri occhi” (Luca Crovi).

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