Libri, "I doni di Babbo Natale" di Angelo Lo Giudice

Cultura

Quest’anno il Natale sarà diverso, lo sappiamo tutti, forse dovremo rinunciare a pranzi luculliani e riunioni del parentado da una parte all’altra d’Italia. Forse Babbo Natale arriverà in ritardo o forse in anticipo e magari non porterà doni...

Quello a cui non dovremmo rinunciare è “I doni di Babbo Natale”, avvincente e originale racconto lungo di un giovane autore che esordisce così nel difficile mondo della letteratura. Si chiama Angelo Lo Giudice e fa il cuoco, ma invece di scegliere di scrivere il solito libro di ricette che ormai lo fanno anche cani e gatti, si è buttato sul romanzo, genere in cui la concorrenza è ancora più spietata. Un coraggio che va premiato perché si somma a quello di aver scelto come tema un Babbo Natale sui generis.

Dimenticate infatti i sorrisi, dimenticate gli abbracci, dimenticate l’amore e dimenticate le vecchie e calde fiabe natalizie lette con un sorso di bevanda calda. È la lunga notte della vigilia e un vecchio, baffuto uomo vestito di rosso si appresta ad affrontare la sua abituale consegna dei regali, ma questo non è il solito viaggio né la solita storia.

Tra grandi metropoli, piccoli villaggi e sperdute montagne, quest’anno si nascondono sette bambini, ognuno dei quali pretende sette doni, diversi tra loro, ma più simili di quanto si possa pensare: superbia, gola, avarizia, invidia, lussuria, ira, accidia.

La veloce e robusta slitta di Babbo Natale barcollerà colpita dai vizi del nostro secolo, in un viaggio che metterà in serio dubbio il compito assegnatogli all’alba dei tempi. Un lungo percorso di sentimenti e pensieri travolgerà il “Babbo” e la sua fidata compagnia di renne, intenti a portare gioia nelle case oggi plasmate dai nostri tempi. Un incubo che si trasforma in un viaggio o un viaggio che si trasforma in un incubo? Mettetevi comodi e afferrate le redini, l’ultimo viaggio di Babbo Natale sta per iniziare.

Lo Giudice, ci dica qualcosa di lei.

«Lamia famiglia viene da Reggio Calabria, ma io sono nato a Fidenza e ho 25 anni. Sono un cuoco, sempre in giro per lavoro, ho lavorato a Rimini, Milano, Londra, e oggi vivo a Rimini».

Com’è nata la passione per la letteratura?

«Sin da piccolo leggevo molto. Poi in prima superiore sono stato rimandato e ho preso ripetizioni da Monica Pollini che mi ha fatto amare e scoprire tante cose di cui non avevo idea, mi ha fatto leggere con altri occhi. E poi mi ha anche aiutato con il mio romanzo».

Da dove viene l’idea di Babbo Natale e i sette vizi capitali?

«Nasce da una vicenda personale. Due anni fa avevo chiesto a mio padre Francesco cosa voleva per Natale: stava vivendo un momento difficile a causa di una brutta malattia che poi se l’è portato via. Mio padre mi rispose: “Vorrei una bacchetta magica”... Io, che sono un po’ matto, andai a comprargliela in un negozio di Harry Potter e allegai una lettera scritta da Babbo Natale che parlava di me, di questo ragazzo che voleva fare la magia di far guarire suo babbo. Dopo la sua morte mi è venuta l’idea di scrivere un racconto sui desideri inconfessabili, immaginando che però possano essere soddisfatti anche quelli...».

Una volta finito?

«Ho sistemato la bozza, ma in realtà non è che volessi pubblicarlo o cercare un editore. Ho scoperto che su Amazon si poteva e così ho scelto il titolo mentre un mio amico illustratore, Daniel Mancini, ha realizzato il bellissimo disegno di copertina, un Babbo Natale triste che piange e chiede col dito di fare silenzio. Ora il libro è già in vendita in formato digitale per Kindle, ma dal 3 dicembre sarà anche in cartaceo».

Come l’hanno presa in famiglia?

«Molto bene devo dire, ogni parente a cui l’ho fatto leggere mi dava la sua opinione...».

Com’erano i Natali a casa tua da bambino? E questo che arriva dove lo passerai e con chi?

«Erano un po’ tristi e un po’ felici, non era sempre bello... Questo lo passerò a Rimini con mia mamma Genny e la mia ragazza Annamaria e sarà bello nonostante il periodo».

Tu sei un cuoco: questo libro resterà un unicum o ci riproverai?

«Quando l’ho finito ho pensato: ne scriverò un altro solo se avrò un’idea intensa come questa. Ma in realtà ce l’ho già: parlerà della solitudine e ho iniziato a buttarlo giù».

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