Libri, gli occhi di Fellini raccontati da Rosita Copioli

Com’erano gli occhi di Fellini? «Nessuno può sapere cosa sono stati gli occhi di Fellini». L’incipit del libro che Rosita Copioli, poetessa, scrittrice, studiosa riminese (ma originaria di Riccione), dedica al maestro è lapidario. All’apparenza contraddittorio rispetto al racconto, alle descrizioni, definizioni, che l’autrice – della schiera dei fortunati che conobbero e frequentarono Fellini in vita – subito dopo prova a dare degli occhi di Fellini, per restituirne il quid unico, quell’insieme di mobilità, profondità, natura proteiforme che «ha colpito quasi tutti coloro che l’hanno conosciuto, che sono stati avvolti dalla loro aura». L’enigma e l’unicità di quegli occhi, è l’enigma e l’unicità dell’artista: l’inafferrabilità, in fondo, di ogni genio creatore.

Il libro

Gli occhi di Fellini è un bellissimo titolo ed è bella, potente, suadente l’immagine scelta per la copertina del libro edito da Vallecchi, nelle librerie da poche settimane. Il nuovo Dpcm anti Covid-19 ha messo nel limbo tra le tante cose anche la presentazione che Copioli avrebbe fatto a Rimini venerdì 30 ottobre. Il libro intanto esiste, come diverse altre monografie, testi, saggi usciti di recente (e di cui ci occuperemo in seguito su questa pagina). Di questi tempi è già qualcosa.

Tutto parte dai libri

Un volume di oltre quattrocento pagine il cui nucleo originario, il punto di partenza, è il saggio “Se penso ai libri di Corso Italia” che Copioli scrisse nel 2008 su invito di Oriana Maroni, oggi direttrice della Biblioteca Gambalunga di Rimini, per la pubblicazione a cura della stessa Maroni e di Giuseppe Ricci “I libri di casa mia. La biblioteca di Federico Fellini”, edita all’allora Fondazione Fellini. L’occasione era stata l’omonima mostra (14 novembre 2008 – 13 aprile 2009) realizzata negli spazi destinati a Museo Fellini dell’abitazione della sorella Maddalena in via Cappellini a Rimini.

La mostra al Galli nel 2013

Intorno ai libri di Fellini – oltre duemila i volumi che dopo la morte del regista furono portati da Roma a Rimini – Copioli ha continuato a lavorare anche in seguito. Nel 2013, per le iniziative nella ricorrenza dei 20 anni dalla morte, fu l’allora assessore alla Cultura del Comune di Rimini Massimo Pulini a commissionarle un lavoro su Fellini e i libri, per la mostra che fu ospitata al Teatro Galli.

Una pesca miracolosa

«Poi è successo come quando butti in acqua una lenza e continuano a venire fuori cose…», racconta oggi Copioli. La cui “pesca miracolosa” l’ha riversata in questo nuovo lavoro dedicato a Fellini: un percorso, film per film – anche quelli pensati, progettati, semi progettati e mai realizzati (dal Mastorna ai film su Venezia e l’attore, a quello sui miti greci, già oggetto di un libro dell’autrice insieme a Gérald Morin) –, alla ricerca di tracce e connessioni letterarie: non tanto e non solo le citazioni, gli innesti di scrittori e poeti (da Zanzotto a Cavazzoni, passando per figure ignote ai più come il poeta e romanziere tedesco Karl Alfred Wolken, chiamato per il testo di una canzone sul set di Casanova), ma talvolta anche semplicemente del “sapore letterario” dei film di Fellini, o di singole scene di un artista che aveva sempre amato la lettura (a cominciare da quelle dell’infanzia e adolescenza, dalle storie del Corriere dei piccoli e Pinocchio ai Viaggi di Gulliver, per arrivare agli autori pilastro della maturità Kafka, Dante, Jung, ma anche l’Ariosto) e che era divenuto con gli anni un vero e proprio divoratore di libri. Di ogni genere.

Un lavoro a tratti “mostruoso”

«Dai libri assorbiva e vi si rifletteva, ma poi era lui, che usciva con il suo miele» scrive Copioli. Che in questo libro ha messo a frutto un lavoro intenso, a tratti “mostruoso”, fatto di studi, ricerche, inseguimenti, visioni di film, filmati, video: «Ho isolato alla moviola tutti i fotogrammi dei film di Fellini dove ci potessero essere attinenze con la letteratura, ho costruito così un mio database fatto di citazioni, libri, argomenti attinenti i libri e la letteratura, copertine di libri di Fellini, dediche, fotografie….».

I duemila volumi vennero lasciati in deposito alla Fondazione Fellini su volere di Maddalena Fellini e sono in seguito tornati alla famiglia, a Francesca Fabbri Fellini, nipote del maestro, che ne è l’erede.

L’incontro con Fellini

All’inizio di tutto c’è la conoscenza diretta del regista. «Ho conosciuto Federico Fellini lunedì 21 agosto 1989» scrive con precisione l’autrice ne Gli occhi di Fellini. Accadde in occasione di una anteprima per pochissimi del film La voce della luna, neppure ancora doppiato».

Copioli, come avvenne quel primo incontro?

«Ci andai insieme a Pietro Citati, che conosceva Fellini dai tempi de Il Casanova. All’epoca avevo una collaborazione con l’inserto “Mercurio” di Repubblica, portai con me anche un piccolo registratore. Ma la recensione non la feci io, la fece Citati. Dopo un paio di settimane mi arriva una telefonata: “Sono Federico Fellini…”. Pensai a uno scherzo, come è capitato anche ad altri».

E invece era proprio Fellini; cosa l’aveva incuriosito di quel primo incontro a Roma?

«Il fatto che fossi una poetessa, una scrittrice, e che poi venivo da Rimini… Ancora oggi non so chi gli abbia fornito il mio numero di telefono. Il legame, la stima, nacquero attraverso l’interesse per la letteratura».

«Uno degli argomenti di conversazione più nutriente furono i libri», lei scrive nel capitolo introduttivo de “Gli occhi di Fellini”. Perché Fellini amava tanto i libri, gli scrittori?

«Perché la passione dei libri è così onnicomprensiva, è indicibile quanto la letteratura permetta di creare nuovi mondi. Lui però inseguiva il proprio mondo».

Ci può fare un esempio delle vostre conversazioni?

«Si poteva passare dal parlare di Yeats (autore di cui mi ero occupata) e Poe, a un’autrice sconosciuta come Jane Roberts, che mi consigliò di leggere: andai subito a comprare le Comunicazioni di Seth, un libro legato al soprannaturale, che devo dire non mi piacque. Ma lui invece quelle pagine le sottolineava, prendeva appunti. Insomma, si serviva di Kafka come di questa Roberts, non perché li mettesse sullo stesso livello, ma perché attraverso di loro filtrava se stesso».

«Fellini – scrive l’autrice nel libro – lavorava allo specchio della letteratura, sebbene aborrisse l’idea di una dipendenza banale».

News

Tra gli appuntamenti annullati in seguito al nuovo Dpcm sul Covid-19 anche la presentazione, al Museo della Città di Rimini, del libro su Federico Fellini Federico che mago, edito da Fulmino. La storia immaginata «ma non troppo» dell’infanzia di Federico Fellini da Laura Fischetto e Letizia Galli, vive però nella mostra di illustrazioni che è stata inaugurata nel museo di via Tonini domenica 25 ottobre (fino al 15 novembre (www.museicomunalirimini.it).

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