L’export in doppia cifra è il motore della ripresa
I numeri di Fimar group parlano chiaro: su un fatturato annuo di oltre 52,1 milioni di euro, la quota export nel 2021 è arrivata a toccare il 60% (pari a 30,8 milioni di euro). È il risultato di un lavoro iniziato dieci anni fa, con l’apertura del business verso i canali europei d’oltralpe. Tassello dopo tassello, la società fondata da Oriano Tamburini ha costruito sul ruolo delle esportazioni la continua crescita del fatturato. A capitanare la squadra c’è Gian Paolo Aversa, arrivato nella sede di Villa Verucchio nel 2011 e oggi alla testa di un gruppo di dieci persone che portano i prodotti a marchio Fimar fuori dai confini nazionali. «Col passare degli anni – spiega Eleonora Tamburini, direttore commerciale Italia dell’azienda, oltre che figlia del fondatore – gli importatori principali dei nostri macchinari sono diventati la Russia, il Nord Africa e il Medio Oriente, oltre chiaramente all’Europa, i cui risultati si sono però stabilizzati nel tempo». Al fianco di questi mercati c’è l’Italia, la cui quota, in termini di percentuale sul fatturato, è passata nel corso di dieci anni dal cento al trenta per cento circa.
Una diminuzione che, però, non deve far pensare a un calo in termini di valore del mercato interno, perché i risultati non sono altro che la conseguenza di un’esplosione dell’export per Fimar e di una sostanziale saturazione del segmento nazionale. «L’Italia – interviene sempre Tamburini – è ormai molto ben distribuita e lavoriamo con clienti che poteremmo definire storici». Tornando invece a parlare di estero, il settore su cui opera la società romagnola, quello dell’alimentare, ad oggi sembra incontrare non poche difficoltà con tre mercati: Stati Uniti, Asia e Sud America. Nei primi due il limite è il medesimo ed è rappresentato da una barriera all’ingresso costituita dalle diverse normative e regolamentazioni previste in campo alimentare. Per quanto riguarda il Sud America, invece, a fare da blocco sono le politiche di stampo protezionista.