Leonardo Maltese, dalla non-scuola alla Mostra di Venezia

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Ci sono buoni motivi per andare in questi giorni al cinema a vedere Il signore delle formiche, ultimo film di Gianni Amelio, passato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia. Uno di questi è l’interpretazione di Leonardo Maltese, coprotagonista al fianco di Luigi Lo Cascio nel ruolo di Ettore (vero nome Giovanni Sanfratello), il giovane compagno di Aldo Braibanti, intellettuale che nel 1968 viene condannato, in un’Italia incredibilmente bigotta e oscurantista, a nove anni di carcere con l’accusa di “plagio”. Articolo 603 dell’allora codice penale, arrivato pari pari dal Codice Rocco fascista e cancellato dalla Corte Costituzionale solo nel 1981: punisce chi sottopone «una persona al proprio potere in modo da ridurla in totale stato di soggezione». Prevedeva pene da cinque a quindici anni.

Nell’Italia degli anni Sessanta il reato viene usato dal Tribunale di Roma in realtà per punire l’omosessualità di Braibanti. Celebre fu la presa di posizione di Marco Pannella che parlò senza mezzi termini di inquisizione. Altrettanto agghiacciante il trattamento riservato al giovane compagno di Braibanti: i famigliari, madre e fratello in particolare, lo rapiscono e fanno rinchiudere in manicomio, nonostante sia già maggiorenne. Per “curarlo” il giovane viene sottoposto a elettrochoc. In tribunale testimonierà in favore di Braibanti, un momento che si trasforma nel film di Amelio in uno dei pezzi di bravura di Leonardo Maltese che in un monologo tutto girato con un lungo primo piano consegna agli spettatori le parole di un Ettore/Giovanni che con candore e intensità, svelando anche i tic lasciati dalle “cure” psichiatriche, confessa un sentimento autentico, rivela una concezione matura del significato di ogni relazione in cui siano in gioco il desiderio e l’amore.

Leonardo Maltese è nato e cresciuto a Ravenna, da padre siciliano (che vive a Cesena) e mamma inglese. Dopo avere studiato in Inghilterra si è trasferito a Roma per perfezionarsi nel mestiere di attore inscrivendosi ad una accademia di teatro. Ha 25 anni. E in questo momento è già impegnato nella lavorazione di un nuovo film: il regista è Marco Bellocchio.

Leonardo, ancora molto giovane ha già debuttato al cinema come protagonista. Come arriva al film di Amelio?

«Il mio agente mi aveva organizzato un provino. Mi sono trovato di fronte a Gianni Amelio che mi ha fatto fare una scena improvvisata. Alla fine mi ha detto: “ragazzo, farai questo film”. Ho sentito i piedi staccarsi da terra, è stato come librarsi in aria. Amelio ha una energia artistica e umana enorme. Era la prima volta che mi accadeva di conoscere una persona del genere, dall’aura molto potente».

E come è stato lavorare con attori come Lo Cascio e Germano?

«Mi hanno tutti aiutato molto, con grande generosità. Lo Cascio mi è stato veramente accanto, c’è stato uno scambio molto bello. Mi hanno lasciato spazio e dato fiducia e io ho cercato di fare del mio meglio».

Quando ha deciso di fare l’attore?

«Ho iniziato a recitare fin da bambino, agli scout. Dicevo già che da grande avrei fatto l’attore, poi la svolta è arrivata quando ho partecipato al laboratorio teatrale della non-scuola di Ravenna Teatro, diretta da Marco Martinelli. Sono stato uno dei pinocchi del progetto Pinocchio che coinvolgeva duecento ragazzi. Lì ho capito, e lo hanno capito anche coloro che mi stavano vicino, compresi i miei genitori, che quella era la mia strada. Quello spettacolo mi è rimasto dentro, ho poi rifatto un altro Pinocchio a teatro a Roma, ma recitando nel ruolo della volpe».

Quindi la non-scuola è stata un passaggio fondamentale?

«Sì, certo, lo è per tutti i ragazzi e le ragazze che vogliano scoprire il teatro. Martinelli è stato un maestro, così come Lorenzo Carpinelli e Matteo Cavezzali con cui ho fatto alcuni laboratori nell’ambito della non-scuola. Già in prima superiore mi sono ritrovato ad andare in tournée a Napoli e vivere nella modalità da tour mi ha fatto scoprire il piacere di uscire dalla propria città, di conoscere altre persone, mi ha aperto le vedute».

Poi è stato a studiare in Inghilterra e quindi ha preso la strada per Roma. Ora questo importante debutto al cinema. E il teatro?

«Mi piace enormemente fare teatro e ne sento molto la mancanza. Ora però sono di nuovo impegnato su un set cinematografico per il nuovo film di Bellocchio sul caso Mortara (il bambino ebreo allontanato nel 1858 dalla famiglia di origine per essere allevato da cattolico, ndr). Finché ci sono progetti di questo genere che mi riempiono voglio proseguire su questa strada, ma senza dubbio tornerò anche a fare teatro. E poi c’è la musica».

E cioè?

«Sono anche un musicista e cantante, ho un gruppo che si chiama Fulcro, io in arte mi chiamo Leo Fulcro. Abbiamo anche pubblicato degli ep».

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