Lello Arena aspetta il Godot di Beckett a Cesenatico

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La verità lasciata dai grandi autori del teatro sta pure nella possibilità di nuove letture. Così la genialità dell’irlandese Samuel Beckett (1906-1989), Nobel per la Letteratura 1969, riposta nel suo testo più noto Aspettando Godot, diventa sfida di reinvenzione per attori anche comici. Perché “l’assurdo” contenuto nel testo edito nel 1952 si presta con agilità a ondeggiare dal tragico alla commedia. Lello Arena (1953) attore di lungo corso sin dai tempi della “Smorfia” (1977) con Massimo Troisi ed Enzo Decaro, ha sentito l’attesa di Godot giusta per il suo teatro, adattandola a una compagnia napoletana di sette attori, guidata in regia da Massimo Andrei, coprotagonista con Lello Arena nei ruoli di Estragone e Vladimiro.

Godot alle falde del Vesuvio

Stasera alle 21 il teatro Comunale di Cesenatico presenta un Aspettando Godot trasposto in una strada di campagna alle falde del Vesuvio. Traendo da una rivisitazione di Beckett elaborata nel 1975 da autore e regista per un allestimento berlinese. Nella quale provò a «dare forma alla confusione» con un nuovo copione (pubblicato da Cue Press) dove cambiano movimenti dei protagonisti, si esaltano i silenzi, si modifica l’accento sulla o, dalla seconda alla prima. L’accattivante veracità napoletana che caratterizza questo spettacolo, trasforma l’attesa per Godot, che non arriverà, in qualcosa di inedito e aperto. Il Nobel irlandese del resto sull’identità del suo protagonista disse «se avessi saputo chi è Godot l’avrei scritto nel copione».

In questa produzione Lello Arena ha dichiarato (sito thewalkoffame.it) che «la condizione dell’attesa è relegata a noi umani, Beckett l’ha voluta solo raccontare, senza rivelare chi fosse Godot. La confusione che ogni tanto emerge dal testo rappresenta anche la vita degli esseri umani». L’attore cerca pure di rendere comprensibile il sentimento dell’assurdo: «Spesso Beckett viene assecondato nella logica dell’assurdo mentre, quando si cerca di renderlo ragionevole, ci si rende conto che è ciò che ci accade quotidianamente. Perciò l’idea di raccontare la nostra attesa di oggi, accompagnata da cervelli che vanno a corrente alternata, rende molto attuale il testo».

Estragone e Vladimiro

Fra le modifiche dei due atti dello spettacolo, c’è Estragone, detto Gogo, seduto su una pietra mentre si toglie uno stivale che dice «Niente da fare»; Vladimiro è fuoriscena. I dialoghi hanno rimandi al varietà e al circo, come rivelano i personaggi Pozzo e Luky (italianizzato in Fortunato). Estragone e Vladimiro manifestano l’intenzione di impiccarsi ma non lo fanno. Dicono pure di voler lasciare la strada di campagna, ma restano nella speranza che arrivi Godot. Anche quando il messaggero Nello confermerà che Godot non arriva, restano immobili, in una incertezza simile alla vita. «Penso che il teatro deve servire anche a farci capire che siamo così; Vladimiro ed Estragone siamo noi, la loro attesa riguarda tutti».

Info: 0547 79274

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