Le recensione: Ludovico Einaudi a Verucchio

«Una parte del mio cuore sta qui e questa è una terra che amo moltissimo e la sento una seconda casa, una seconda patria. Ci sono stato per molto tempo, oltre che alla direzione del festival ho suonato come ospite, credo di aver fatto 15 concerti». Poche parole, come è nel suo stile, ma cariche di affetto, gratitudine e generosità. Ludovico Einaudi, compositore e pianista tra i più amati al mondo, martedì sera col suo concerto ha fatto un dono multiplo a Verucchio. In primo luogo perché è stata l’apertura – in una location da sogno, un grande prato disposto ad anfiteatro naturale che ha avuto per fondale il mare e le luci della riviera, scelta proprio da lui – del suo nuovo tour estivo, “Underwater” che ora s’incammina lungo la penisola sostando in parchi, boschi, siti archeologici, oasi e riserve naturali, per «permettere di osservare l’Italia con un occhio nuovo». Il precedente, «il primo mio tour con questa formula fuori dagli schemi, l’anno scorso lo avevo fatto partire dalle Langhe, vicino a casa mia, e ci tenevo che ora accadesse qui».
Quello verucchiese è stato un concerto speciale in tutti i sensi: 2 ore e 10 minuti in cui ha sintetizzato la sua storia artistica, accompagnato da tre straordinari polistrumentisti: Redi Hasa, Francesco Arcuri e il verucchiese Federico Mecozzi fresco di matrimonio con la sua Giulia. Tecnicamente tutto perfetto, luce, suono, amplificazione. Ha aperto al piano da solo presentando il suo ultimo album che dà anche il titolo al tour, melodie intime che restituiscono il suo ascolto della natura e a un certo punto sono saliti Mecozzi e Hasa facendo vibrare le corde dei loro archi. Dopo altri brani è entrato Arcuri e l’atmosfera si è arricchita di suoni elettronici: il martelletto sullo xilofono ha inviato al cielo la dolcezza dell’acqua che sgorga, il ticchettio delle gocce di pioggia, e poi i respiri del sottobosco, una eco misteriosa dal profondo.
Ed è rimasto di nuovo solo per donare i suoi classici, da “I giorni”, “Le onde”, “Una mattina”, “Nuvole bianche” fino a “Divenire”; e proprio qui sono rientrati i musicisti ed è stato uno scoppio di energia pura che è parso durare in eterno. Li ha presentati, ringraziati e ha salutato, ma tutti sono tornati per il finale col botto sulle note potenti di “Experience” che hanno mandato in estasi i presenti. Sembrava tutto finito ma non era così, ha regalato un doppio bis, come non è sua consuetudine, e poi il lungo e affettuoso arrivederci con cui ha abbracciato e baciato virtualmente il pubblico, 2600 persone giunte da varie parti d’Italia. Tante le richieste inevase, i biglietti erano stati tutti venduti da giorni, ma questo era il numero chiesto dall’artista affinché non si perdesse l’intimità di un evento «nato per mettere in connessione musica e spazio, per vivere luoghi diversi e osservare ciò che a volte non vediamo anche con la luce della musica».

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