In 80 Paesi nel mondo sono attuate pratiche di “riorientamento sessuale”, senza alcuna base scientifica e contrarie a qualsiasi tipo di deontologia medica. Sono pericolose e dannose, specie tra gli adolescenti o i giovanissimi. Neanche l’Italia ne è immune: secondo gli esperti della Sia, la Società italiana di andrologia, una persona Lgbt ogni dieci le subisce ancora. La notizia viene rilanciata dagli specialisti della salute maschile quando un Paese come la Francia ha approvato di recente una norma che punisce le cosiddette ‘terapie riabilitative’. Sono loro stessi a commentarla come una “conquista di civiltà”. Le pratiche che vengono usate sono tra le più assurde, e vanno dagli esorcismi all’elettroshock, dalla psicoterapia ai farmaci per ‘convincerli’ a cambiare identità di genere. “Riteniamo imperativo tutelare il rispetto dell’identità di genere e crediamo essenziale aiutare ogni persona a vivere pienamente nel genere in cui si identifica: il genere non deve essere adeguato all’anatomia corporea, ma l’anatomia può e deve essere cambiata, se la persona lo desidera, per renderla concorde con il genere – commenta Alessandro Palmieri, presidente della Società scientifica e professore di Urologia alla Università Federico II di Napoli – A causa della pandemia negli ultimi due anni gli interventi di conversione di genere hanno subito una battuta d’arresto: a fronte di un migliaio di richieste, soltanto un centinaio di pazienti hanno potuto sottoporsi all’operazione”. Sotto i riflettori ci sono ‘terapie’, scomparse dalle pratiche accettabili nel 1973 quando l’omosessualità è stata ufficialmente eliminata dal Dsm, il manuale diagnostico e terapeutico dei disturbi mentali, vanno dalle scosse elettriche agli ormoni, dall’ipnosi a ‘stage’ di psicoterapia o colloqui, e sono oggi ufficialmente respinte e condannate dall’Onu, oltre che già illegali negli Stati Uniti, Canada, Australia, Brasile e Taiwan. Anche il Parlamento Europeo nel 2018 ha chiesto ai Paesi membri di vietarle, ma oltre alla Francia solo Germania e Malta le hanno già messe al bando, mentre sono allo studio norme analoghe in Belgio e Olanda.
“Queste pratiche con lo scopo di adeguare l’orientamento sessuale del soggetto a quello della maggioranza della popolazione, che siano più o meno invasive, producono tutte ingenti danni psicologici e fisici alle persone che ne sono vittime”,spiegano Marco Capece, chirurgo andrologo del Policlinico Federico II di Napoli e Michele Rizzo, tesoriere Sia. La pandemia ha tagliato il numero della gender affirming surgery, cioè della chirurgia di conversione dei genitali. “Purtroppo la pandemia non ha aiutato questi pazienti, che hanno fatto le spese della redistribuzione delle risorse a disposizione degli ospedali per fronteggiare i casi di Covid-19 – proseguono i due esperti – Molti centri italiani punti di riferimento hanno dovuto ridurne il numero per dedicare i ristretti spazi operatori a patologie più urgenti. A causa di queste limitazioni gli andrologi italiani sono riusciti ad assicurare a solo una ventina di persone il percorso di transizione nel periodo della pandemia, a fronte però di almeno un migliaio di richieste: così oggi le liste d’attesa di tutti i principali centri di riferimento per questa chirurgia sono superiori ai 2 anni e si stanno allungando”.