Le particelle fini del fumo degli incendi possono essere molto più dannose per l’organismo rispetto al particolato che proviene da altre fonti come, per esempio, i gas di scarico delle automobili. Questo è vero almeno per l’aumento delle richieste di aiuto in ospedale.
A dirlo è uno studio della Scripps Institution of Oceanography dell’Università della California a San Diego, che ha esaminato i dati di 14 anni di ricoveri ospedalieri. Il rischio è concentrato sulle minuscole particelle sospese nell’aria e che hanno diametro fino a 2,5 micron, circa un ventesimo di quello di un capello umano. Queste particelle (le ormai note Pm 2,5 che comunque compongono anche lo smog) sono il componente principale del fumo degli incendi e possono penetrare nel tratto respiratorio umano e nel flusso sanguigno e danneggiare gli organi vitali.
Gli studiosi hanno stimato che un aumento di 10 microgrammi per metro cubo di Pm2,5 attribuito a fonti diverse dal fumo degli incendi aumenti dell’1% i ricoveri ospedalieri respiratori. Lo stesso aumento, se attribuito al fumo degli incendi, ha causato un aumento compreso tra l’1,3 e il 10% dei ricoveri respiratori.