Le piccole tartarughe contro la tempesta, il nido più a nord

RICCIONE. Forse non tutti lo sanno ma l’Adriatico Settentrionale è un mare dove la tartaruga Caretta Caretta è di casa. Da Ancona in su è stimata una presenza di circa 50mila esemplari. La scorsa estate poco a nord di Pesaro, sulla spiaggia di Baia Flaminia, si è registrato il luogo di deposizione più a nord di tutto il Mediterraneo con 38 tartarughine che hanno preso la via del mare. Un evento eccezionale che si è concluso con un successo solo grazie all’impegno di tanti esperti e tanti volontari.


La notizia imprevista
Sauro Pari, direttore della Fondazione Cetacea di Riccione, ha vissuto tutto in prima persona. «Il 30 luglio del 2019 alle 7 del mattino fummo chiamati dalla Capitaneria di porto di Pesaro. Un ragazzo che stava facendo dei lavori, alle 4.30 del mattino, aveva visto una tartaruga (ribattezzata poi Luciana, ndr) e riteneva avesse deposto le uova. Per prima cosa mise due racchette da spiaggia a protezione. Quando arrivammo, iniziammo subito a scavare e quando vedemmo le uova non potevamo crederci!».
Alle 8.30 la zona era già recintata. Pari informò subito alcuni esperti per farsi aiutare. Baia Flaminia è una zona molto affollata d’estate. «Lanciammo un appello ai pesaresi e trovammo 224 volontari che si offrirono di sorvegliare l’area 24 ore su 24. Fu anche montata una tenda sotto la quale dormii per un bel po’. Misurammo la temperatura della sabbia a tre diverse profondità tre volte al giorno. Non sapevamo quante uova ci potessero essere. Ma pensavamo alla schiusa verso settembre e temevano per l’arrivo di qualche temporale, per le onde del mare in caso di burrasca…. Così per sicurezza tirammo su una specie di muro di sabbia protettivo. E siccome la sabbia in quella zona è molto argillosa (e quindi compatta, dura e difficile da asciugare) montammo un telo in pvc per coprire il nido durante la notte o durante i temporali».


I cambiamenti climatici
Insomma, la gioia era tanta ma la situazione non era delle più semplici. L’innalzamento della temperatura delle acque del Mediterraneo induce sempre più le tartarughe a deporre le uova verso nord. Ma nel caso di Baia Flaminia ci si trovava ad avere a che fare con un tipo di sabbia molto più compatta rispetto a quelle delle coste più a sud.
«Sono proprio questi cambiamenti climatici», spiega Pari, «che ci spingono a pensare che nei prossimi mesi o nei prossimi anni, questi episodi si possano ripetere, anche se quest’anno forse è più difficile, visto che la temperatura dell’acqua dell’estate 2020 non è molto alta. Tutto ciò ci dà una grossa responsabilità. Siamo noi uomini ad aver modificato l’ambiente facendo cambiare le loro abitudini e quindi abbiamo l’obbligo di aiutarle nella loro riproduzione”.


Sedici grammi da salvare
E infatti, senza l’intervento umano la storia non avrebbe avuto un lieto fine. La Caretta Caretta è una tartaruga robusta, lunga poco più di un metro, capace di vivere fino a 100 anni e pesante circa 120 chili. Ma appena nata pesa solo 16 grammi ed è molto debole.
A fine settembre sembrava il momento della schiusa e della corsa verso il mare. Ma le riprese effettuate con una telecamera a raggi infrarossi non rivelavano novità significative sotto la sabbia. «Ho iniziato a preoccuparmi», ricorda Pari. «Temevo che non riuscissero a bucare la sabbia perché troppo compatta. Così decidemmo che in un modo o nell’altro il 6 ottobre avremmo scoperchiato tutto per aiutarle.»
Il 3 ottobre però sulla costa pesarese si abbatte un fortunale con venti fino a 104 chilometri all’ora. «L’acqua del mare era arrivata alla tenda e aveva coperto il nido. Abbiamo così deciso di intervenire. Io e Laurent Sonet, direttore del Parco San Bartolo, con le mani nella sabbia, poco alla volta abbiamo scavato e toccato le tartarughine, le abbiamo raccolte e il dottor Nicola Ridolfi le ha portate in due vasche alla clinica veterinaria Gaudenzi di Pesaro».


38 tartarughe pesaresi
Quale era la situazione? «In totale c’erano 68 uova di cui solo 50 fecondate. Le uova che non si erano ancora schiuse sono state messe in un’incubatrice fatta con polistirolo e vermiculite e sono state riscaldate. Due giorni dopo abbiamo messo in acqua le prime 32 tartarughe. Le altre sei, che avevano bisogno di ulteriori cure, le abbiamo portate in Adriatico poco dopo. In tutti e due i casi a due miglia dalla costa per affidarle subito alla corrente. Senza il nostro intervento? Con ogni probabilità non si sarebbe salvata nessuna di loro».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui