Le piccole e medie imprese tornano anche al baratto

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Nel 2022 sembra quasi impossibile poter parlare di economia del baratto, ma a questo sono arrivate alcune piccole e medie imprese romagnole, nel tentativo di sedare in parte gli aumenti che tutti stanno subendo dalla fine dell’anno scorso. «Mi rendo conto che può sembrare impossibile – dice Roberto Resta, vicepresidente vicario di Confimi Romagna – ma è una pratica ormai in corso per quelle aziende che, oggi, hanno ancora la fortuna di avere un po’ di magazzino. Ci si scambia la merce e, in questo modo, si abbattono i costi».

Le Pmi, cuore pulsante dell’imprenditoria romagnola, dall’inizio dell’anno si trovano tra l’incudine e il martello. Non hanno la struttura robusta delle grandi industrie e nemmeno i costi comunque più limitati dei piccoli artigiani e resistere, in queste condizioni, sta diventando davvero difficile. «Le realtà familiari – interviene Rachele Morini, presidente di Confimi Romagna – cercheranno di non demordere. Le banche in questi due anni ci hanno aiutato e il Pnrr vedremo se sarà lo strumento adatto per ripartire, ma cosa accadrà dopo, quando finiranno gli aiuti?». In un’azienda come la storica F.A.M., fonderia di alluminio faentina di cui la Morini è titolare, i costi dell’energia elettrica hanno fatto un balzo in avanti del 100%, quelli del gas addirittura del 400%. Se volessimo parlare di numeri, invece che di percentuali, la bolletta è passata da 15mila a 60mila euro al mese. «Ci sono aziende che non hanno aperto alcune linee produttive, perché altrimenti non ce la fanno. Altre che hanno addirittura chiuso l’attività. Il problema energetico ci sta molto rapidamente distruggendo». E il problema, rincara Resta, «è che il limite lo abbiamo già superato».

Estero

Un’impresa come la Resta srl, che realizza macchine per materassi, da anni guarda all’estero come fonte principale dei propri guadagni. Tuttavia, oggi, anche la geopolitica gioca un ruolo rilevante nel complicare gli affari. «Per anni l’area del Maghreb è stata molto interessante – assicura il numero uno dell’azienda, che ricorda ancora i viaggi in aereo per andare a chiudere i contratti – oggi, invece, è diventato complesso lavorare con loro, per via di una politica fortemente protezionistica. La Turchia è un altro stato con cui i rapporti si sono congelati, per via di un governo che ha preferito aprirsi ai paesi mediorientali». Cosa resta allora? «Sicuramente gli Stati Uniti – assicura Roberto Resta –, che rimangono un mercato tra i più floridi».

Alimentare

C’è un settore, invece, che negli ultimi due anni è stato tra quelli “graziati” dal Covid che adesso, al contrario, comincia a mostrare segni evidenti di cedimento. Si tratta dell’alimentare che, nonostante gli aumenti di fine anno, era riuscito a chiudere il 2021 con un fatturato in crescita, ma che adesso procede col freno a mano. «Recuperare un mese di gennaio così sarà difficile – ammette Giampiero Aresu, presidente di Consenergy2000 e titolare della “Linea alimentare Aresu” srl –. Dovremo fare il più possibile economia, senza poterci concedere alcun salto nel buio. Questo 2022, se andremo avanti così, in molti lo chiuderanno in rimessa».

La sola strada intrapresa dalle Pmi, al momento, è stata quella di aumentare i prezzi dei loro prodotti, così da scaricare parte degli aumenti. Ma per l’alimentare non è così semplice, «perché la grande distribuzione – conclude Aresu – vorrebbe da noi addirittura degli sconti, quando al contrario avremmo bisogno di crescere almeno del 10%. Se vogliamo uscirne ognuno deve fare la sua parte. Insieme siamo forti, da soli perdiamo».

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