Le lacrime e le speranze delle minatrici del Donetsk a Cesenatico

Natalia, Alina, Katia, Svetlana, Olga, Galìna e le altre, con i loro bambini, arrivate a Cesenatico lasciandosi dietro gli orrori della guerra. Quella che infuria da tre mesi, con l'aggressione della Russia di Putin all'Ucraina. Arrivano dalla regione Donetsk, nel sud-est dell'Ucraina, ricca di miniere di carbone e di minerali preziosi.

A Cesenatico e dintorni hanno trovato lavoro dai primi di giugno, soprattutto in alberghi da Villamarina a Cervia per fare le pulizie nelle camere, mentre i loro figli frequenteranno i centri estivi di Cesenatico.

Ieri mattina nello storico Bagno Conti, gestito dalla Cooperativa Stabilimenti Balneari, c'è stato un comitato di benvenuto, con i giocattoli da regalare ai bambini dai 4 ai 14 anni. Sempre vicini alle loro madri, ancora un po’ spaesate per il lungo viaggio e le procedure. Le donne rifugiate non hanno smesso mai di ringraziare tutti per l'accoglienza ricevuta, con il rossore per la timidezza e gli occhi velati dal pianto.

Quasi tutte le donne arrivate lavoravano nelle miniere di carbone Dobropilka, come tanti dei loro familiari. «Il marito di Natalia come di altre qui è rimasto a casa a combattere. Ma non è un soldato, fa il muratore» tiene a precisare Yuliya Kaspiarovich, una ragazza della Bielorussia che non potrà più far ritorno al suo Paese alleato di Putin. Fa da interprete e le rassicura.

Natalia racconta: «Il 24 maggio ho lasciato casa coi miei figli per rifugiarmi a ovest, a 1.200 chilometri di distanza, in un villaggio vicino Leopoli. Anche lì i russi bombardavano. Alcune di noi lavoravano, altre studiavano, avevamo un vita normale, mai ci saremmo aspettate di trovarci in questa tragedia». Si lasciano alle spalle «Il volto spietato e distruttivo della guerra. Non anche il dolore, questo è impossibile che ci abbandoni. I russi erano arrivati nei sobborghi. I carri armati sparavano sempre più vicini. I nostri bambini stavano sempre in ascolto, terrorizzati per le bombe, impauriti dagli aerei e dagli elicotteri che di continuo passavano a bassa quota», racconta piangendo.

La speranza è «Che la guerra finisca al più presto e torni la pace. Vogliamo tutte tornare a casa in Ucraina. Ritrovare i nostri familiari».

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