"Le feste in spiaggia? Hanno fatto morire Marina di Ravenna"

«Mercatali racconta di avere creato lui il “modello Marina”? Io ricordo una storia diversa». La risposta all’intervista rilasciata al Corriere Romagna dall’ex senatore, sindaco di Ravenna dal 1997 al 2006, arriva da dietro al bancone del Bar Timone. Qui, Umberto Civenni, 63 anni da compiere, storico imprenditore del centro di Marina di Ravenna che ha ereditato dal babbo il bar affacciato sul bacino pescherecci, divenuto simbolo della località, interviene sul dibattito dello scontro spiaggia-movida, che infiamma – con specifiche variabili – tutta la Riviera. Dà fondo alla propria memoria e torna ragazzo, nei primi anni Novanta, quando, assicura «Marina era già viva». Il suo sillogismo è categorico: «Non sono stati i bagni a portare gente, concedere le aperture serali ha fatto morire il centro».

Civenni, il “Modello Marina” di cui parla Mercatali è quello degli happy hour e delle feste in spiaggia. Ne parla come una rivoluzione. C’è un rovescio della medaglia per lei?

«Gli stabilimenti aperti fino a mezzanotte sono stati la ghigliottina del centro. Di sera non si è più visto nessuno se non ubriachi e residui della gente dalla spiaggia. Il paese è crollato, l’indotto che c’era prima è sparito».

Un richiamo turistico pagato a caro prezzo?

«Marina era già in voga prima degli interventi di Mercatali. La prima rivoluzione la fece il Santafé, nel ‘91, si entrava senza pagare, con la consumazione. Quello è stato il primo grande richiamo che ha portato gente. Me lo ricordo bene io, che quegli anni li ho vissuti sia come imprenditore che come cliente della movida. C’erano quattro discoteche, altrettanti pub, ristoranti aperti tutta la notte, in centro non potevi chiudere prima dell’una o delle due, c’era la fila al Matilda fino alle 3».

Come se la passavano invece i gestori degli stabilimenti all’epoca?

«Al tramonto dovevano chiudere. Alcuni soffrivano, è vero, altri lavoravano e andavano bene. C’era un equilibrio. E mi fa arrabbiare che passi il messaggio che Marina sia rinata grazie all’apertura indiscriminata degli stabilimenti. Era già viva prima».

Tramontato quel modello, come vede oggi il futuro della località?

«Marina non si è più ripresa. E tornare indietro non si può più. Sono morte discoteche, pub e attività. Stavo leggendo l’intervista al sindaco De Pascale. Parla di interventi sui canoni demaniali, ma quest’anno sono aumentati ancora. La zona del porto è abbandonata, mentre altrove sarebbe la più valorizzata. Ci sono locali morti con canoni da 60mila euro che difficilmente invogliano imprenditori a investire qua».

Se non i turisti, chi è che vive il centro del paese?

«I ravennati per lo più, meno interessati alla confusione della spiaggia e chi è in cerca di un po’ di tranquillità. Ormai anche la ristorazione è tutta sull’arenile. Specie a mezzogiorno. Al punto che alcuni ristoratori del centro addirittura chiudono a pranzo».

Meglio allora la primavera dell’estate?

«Si lavorerebbe molto bene, ma veniamo dagli anni del covid e quest’anno la primavera praticamente non c’è stata».

Tutta colpa del “modello” di Mercatali?

«Mettiamoci pure anche la struttura di Marina: la spiaggia è qualcosa di distinto dal paese. Ma il Comune fa in modo che questa struttura privilegi solo gli stabilimenti. Lo stesso parcheggio scambiatore e il servizio navetto taglia fuori paese. Non ci sono mezzi pubblici per venire in centro e di fatto siamo tagliati fuori».

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