Arcate e travate dei ponti più basse degli argini, alvei senza rivali in fregio alle strade, manufatti di protezione carenti: sono tutte criticità che secondo il parere ingegneri e tecnici, riportato da esponenti dei comitati cittadini, hanno inciso sull’alluvione. Criticità esistenti prima di maggio e che purtroppo continueranno ad esserci anche dopo gli interventi di ricostruzione. È infatti impensabile che possano essere rifatti tutti i ponti che non garantiscono il passaggio della massima portata di acqua, rappresentata dall’altezza dei rivali. È una contraddizione avere argini alti e ponti bassi. Sarebbe auspicabile, ma è improbabile pure che siano alzate nuove arginature dove invece sarebbero necessarie perché mancanti. Il miglioramento rispetto al precedente stato può quindi dipendere solo da altri interventi strutturali possibili, capaci di mitigare le criticità irrisolvibili: identificazione e costruzione di golene alluvionali e casse di espansione, pulizia cadenzata e mirata, costante sorveglianza e monitoraggio delle condizioni degli argini, regolare manutenzione delle opere idrauliche secondarie di torrenti e affluenti. Ma quali sono i punti critici segnalati che possono rappresentare un pericolo per Faenza? Proprio ponti, argini (spessore, altezza, manutenzione o mancanza) e pulizia sono in testa alla lista delle preoccupazioni. Il rifacimento del Ponte delle Grazie, tutti auspicano veloce e costruito più alto dell’attuale, è un tassello importante, ma di ponti bassi ne restano tanti altri. In primis il ponte Verde e il ponte Rosso. Entrambi sono più bassi degli argini e il primo addirittura presenta due dei tre archi parzialmente ostruiti dagli stessi rivali. A proposito del Marzeno è stato rilevato come lungo la via Chiusa di San Martino, per circa un chilometro, l’alveo sia allo stesso livello e in fregio alla strada, proprio nel punto più basso (ex fornace) e prima del “blocco” rappresentato dal ponte Verde. Insomma una situazione ideale a creare un rigonfiamento in caso di piena. Qui le proposte udite, comunque difficili da vedere realizzate, sono quelle di un innalzamento della strada su un terrapieno che costituisca un argine o di un allargamento dalla parte opposta a formare una golena, nel punto dove peraltro alcune frane hanno già dato più spazio al fiume. A protezione di Faenza andrebbero inoltre migliorate le barriere in via Renaccio e via Cimatti: troppo fragile un muro in mattoni come quello crollato sulla riva sinistra: c’è chi lo vede in calcestruzzo, a forma piramidale e molto più alto. Troppo debole il muro di rinforzo dell’argine sulla riva destra, dove fontanazzi erano stati segnalati da anni. Un altro deficit è la condizione del sistema fognario al quale come annunciato dal sindaco «si sta mettendo mano», sennonché pure qui potrebbe risultare difficile individuare e mettere in sicurezza tutta la rete di cunicoli sotterranei, residuato di vecchi canali interrati, dove l’acqua può scorrere, infiltrarsi al di fuori dei percorsi prestabiliti e creare allagamenti.

Le debolezze storiche di Faenza, tra ponti bassi e alvei a livello della strada
