Le Belle Bandiere portano Grossman al Bonci

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Arriva al teatro Bonci un’opera fresca di debutto (17 novembre) e già entrata nel cuore di chi l’ha vista. Si chiama Caduto fuori dal tempo e unisce teatro a grande letteratura. Da un lato il teatro denso di sentimenti di Elena Bucci e Marco Sgrosso delle Belle Bandiere di Russi; dall’altro, la scrittura dell’israeliano David Grossman fra gli autori più acclamati del nostro tempo. Sul palco, con i due attori, è protagonista anche il virtuoso Simone Zanchini con la sua fisarmonica in una coproduzione fra Teatro Bresciano, Tpe Piemonte e Ert. Lo spettacolo va in scena da stasera alle 21 a domenica 5 dicembre.

Grossman ha scritto questo romanzo dopo la morte di suo figlio Uri, 20 anni, militare di leva nella guerra fra Israele e Libano, ucciso nell’agosto 2006 da un missile anticarro in una operazione di difesa israeliana, nel sud del Libano. Si può dunque considerare un testo anche emozionale, capace di affrontare lo strappo della perdita dai propri cari con ricchezza di sentimenti.

Una sera un padre che ha perso un figlio dice alla moglie di voler andare “laggiù”. Laggiù è il punto dove il mondo dei vivi confina con la terra dei morti. Con lui sono altri personaggi variegati che condividono la stessa sorte dolorosa. Camminano insieme seguendo l’uomo scoprendo che «c’è respiro nel dolore, c’è respiro», sussurra la voce di un bambino. Elena Bucci torna ad affrontare il tema del distacco dalla vita affrontato alcuni anni fa.

Bucci, come è arrivato questo incontro con Grossman?

«Questo testo ci è stato proposto, Grossman ci piaceva come autore e ci siamo detti di provare la nuova avventura. Nel 2013, per il festival “I teatri del sacro”, avevo realizzato In canto e in veglia dedicato al lutto per la perdita di mia madre, mi sono quindi ritrovata in questo tema. Subito ho scritto a Grossman proponendogli una riduzione del testo dei molti personaggi per adattarlo al teatro. Lui, come tutti i grandi, è stato generosissimo e disponibilissimo».

È anche veduto a vedere lo spettacolo, cosa vi ha detto?

«Lo ha visto nel teatro di Brescia, teatro di cui aveva già visto una nostra prova in video, è salito a prendere gli applausi con noi mano nella mano, ha ripetuto “per me è stato un enorme regalo questo lavoro, sentire come attraverso il teatro torna a scorrere la vita”, aggiungendo, “ho imparato dal vostro lavoro, fa venire voglia di scrivere”. Ci siamo sentiti davvero tanto vicini, pure così diversi per vite, culture, religioni; eppure senti il miracolo della vicinanza».

Che tipo di spettacolo avete ricavato?

«Il testo, così come il nostro lavoro, è una specie di favola dove all’uomo e alla donna si articolano molti altri personaggi che hanno perso figli come i protagonisti. Ci sono il duca, il ciabattino, la levatrice, la riparatrice di rete. Sgrosso e io li interpretiamo tutti; il loro è un cammino collettivo, quasi venissero spinti dal muoversi dell’uomo; è un cammino verso un fulgore, forse anche ultima brace di vita dei figli perduti che ancora brucia. Tutto questo diventa anche molto poetico. La moglie di Grossman ha detto a David: forse hai scritto un testo poetico perché la poesia è la cosa più vicina al silenzio».

La poesia è una caratteristica che tende a ritornare nei vostri lavori.

«La poesia, che può essere dentro a ogni atto della vita quotidiana, è un qualcosa che ti permette di dire l’indicibile, di resistere anche nelle situazioni più difficili. Più volte mi sono occupata di Oriana Fallaci e Alekos Panagulis (“Gli alberi muoiono in piedi” ndr); ciò mi ha fatto pensare come noi attingiamo alla poesia nei momenti più estremi, di grande dolore, nelle dittature, o quando non riusciamo più a sopportare la realtà. Siamo quindi tutti poeti dentro, la poesia ci salva perché ci fa comprendere e accettare le cose importanti, ci dà il coraggio di osare oltre la ragione».

Cosa apporta la fisarmonica di Simone Zanchini allo spettacolo?

«Ho scelto dei requiem che Raffaele Bassetti ha ricomposto, le luci di Loredana Oddone sono favolistiche, colorate. Il suono della fisarmonica mi riporta a qualche cosa di profondamente antico, caldo, di veglia contadina nelle stalle, di un raccontare e di un calore di cui sentivo il bisogno».

Info: 0547 355959

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