L’azienda in crisi o in fallimento salvata dai dipendenti

Dal 2012 una cinquantina di aziende salvate, accogliendo i lavoratori, analizzando con loro la situazione e ridando al progetto imprenditoriale una possibilità, convertendolo in cooperativa. C’è un pool specializzato, ora adottato a livello regionale e poi nazionale, nella Confcooperative Romagna e si occupa proprio di questo: seguire i progetti di Wbo, workers buyout. L’azienda in crisi, o in fallimento, viene così salvata da una parte dei suoi dipendenti, che la rilevano e gli danno una nuova prospettiva. «Iniziammo con le aziende del ramo edilizio, nel Forlivese e poi Cesenate – spiega Pierpaolo Baroni che nell’associazione di categoria è ora referente nazionale del ramo Wbo -. Furono le prime ad andare in sofferenza, e ne abbiamo salvate una quindicina. L’idea nacque nei tavoli di crisi aziendale a cui venivamo chiamati dall’allora assessore provinciale Merloni. All’inizio le aziende ‘risorte’ erano poche. Nell’ultimo anno sono state più della metà di quelle che ci si sono rivolte. Dall’inizio dell’esperienza, ne sono sopravvissute un quarto fra quelle che hanno anche solo avviato il ragionamento».

Ormai la procedura che Baroni ha affinato col suo pool di esperti è collaudata: «La prima cosa che diciamo loro è ‘i soldi non sono il problema’ – assicura il dirigente cooperativo. Tanti ci guardano straniti, ma ciò che è davvero necessario verificare sono volontà e competenze. Il resto si trova». Il primo lavoro da fare è poi psicologico. «Abbiamo di fronte dipendenti che vivono l’ansia di un posto di lavoro a repentaglio – continua Baroni -. E devono mettersi nell’ordine di idee il mezzo per conservarlo sono loro stessi. Noi garantiamo sempre sei mesi di insonnia, al settimo si torna a dormire. Anche per stanchezza», sorride. Il materiale umano però è spesso quello ideale. «Se una azienda va male molti scappano, altri sono dediti al progetto e rilanciano, e si rendono protagonisti. Non è scritto, ma spesso sono già cooperatori quando varcano la soglia del nostro ufficio». Con strumenti finanziari nazionali e ammortizzatori sociali spesso, come detto, la questione economica è secondaria e spesso il «primo miglio è il più semplice». «Generalmente salviamo l’azienda ridimensionandola – spiega il referente Wbo di Confcooperative -. Selezioniamo i clienti, rimodelliamo la struttura aziendale, equilibrandola. Dopo però devono crescere con le loro forze e spesso lo fanno in maniera velocissima. Perché hanno già le competenze». Ora si è siglato un accordo con istituzioni e sindacati ma non è l’unico elemento di legittimazione del Wbo. «Nell’ultima Legge di bilancio è stato inserito uno strumento per innescare il buyout nel caso in cui l’imprenditore non sia più nelle condizioni di proseguire, anche solo per raggiunti limiti di età – aggiunge il presidente di Confcooperative Romagna, Mauro Neri -. Come cooperazione il nostro obiettivo giornaliero è quello di dare risposte a bisogni. E lo strumento Cooperazione finanza e impresa, ha costruito un meccanismo che porta le esperienze di questi lavoratori alla forma societaria naturale: quella della cooperativa, che si basa sul capitale umano».

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