Lavoro a Imola, gli stagionali pagano la crisi climatica

Gli effetti del cambiamento del clima, che più che impazzito pare naturalmente determinato a servire il conto, hanno fortemente colpito le imprese agricole. Molte, anche nella zona, sono a conduzione familiare, ma non mancano i dipendenti e gli avventizi. Tutti coloro, cioè, che hanno contratti a tempo determinato nel settore agricolo. Anche su di loro, a cascata, si riversano le conseguenze climatiche. Perché è un dato di fatto che sul territorio, a causa della perdita del prodotto, per determinate figure e mansioni si lavori meno. Ma le misure di integrazione al reddito non rispondono più alle condizioni attuali.

Meno lavoro

«Sono cambiate le colture, le pesche sono diminuite – spiega Veruska Grementieri, segretaria della Flai Cgil di Imola –, a favore di altre colture come le viti, che producono meno manodopera essendo più meccanizzate. Molti coltivatori diretti espiantano le produzioni passando a grano o viti». Questo, sommato al fatto che i fenomeni ormai ricorrenti, come le gelate tardive, la grandine, le bombe d’acqua o il vento che ha soffiato forte nei giorni scorsi, comportano un calo della produzione, significa meno giornate di lavoro per gli stagionali. «In media si potrebbe fare una stima del 25% in meno di giornate di lavoro, ma si raggiungono percentuali anche maggiori», commenta Roxana Vlad, segretaria della Fai Cisl Area metropolitana di Bologna.

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