Laura Pausini: mio babbo merita l'Oscar!

La vedi scoppiare a piangere davanti a 200 giornalisti su Zoom per la gioia, e la tensione, e la paura di non essere all’altezza. Lei, la star internazionale che va braccetto con Hollywood, che vince premi su premi e il cui brano Io sì è già tra quelli più suonati nelle radio americane. Dovrebbe essere avvezza a tutto e invece no: è candidata all’Oscar ma ammette che è Sanremo a terrorizzarla – «mi avete mai sentita cantare bene all’Ariston?» ride – e svela che le mette più soggezione Pippo Baudo di Beyoncé.

Tra poco più di un mese Laura Pausini partirà per Los Angeles, dove il 25 aprile si terrà la cerimonia di consegna degli Oscar alla sola presenza di candidati e accompagnatori: Io sì è nella cinquina delle migliori canzoni originali, colonna sonora del film di Edoardo Ponti La vita davanti a sé. Un altro gradino di quella scala lunghissima che parte da Solarolo, Ravenna, e arriva in cima al mondo.

Eppure, con un triplo disco di platino certificato l’altro ieri, la ragazzina che sognava di essere la prima donna solista nei pianobar ancora trema: «Per il momento terribile in cui arriva, spero che questa nomination sia come un regalo per tutti gli italiani, anche per chi non mi segue o non ama la mia musica. Mi sento orgogliosa di essere italiana e di vivere un momento così emozionante per voi. Perché tutto questo va proprio al di là di me e del mio nome».

La prima volta

E ha ragione. È la prima volta che in gara c’è una canzone cantata in italiano: «E quando all’estero cantano non solo te, ma te in italiano, allori devo dire che cominci un pochettino a tirartela». E ride ancora.

Prima di lei solo Giorgio Moroder (che di Oscar ne ha vinti due) e Riz Ortolani per le musiche, mentre Laura oltre a cantarla ha scritto il testo in italiano di Io sì, insieme a Niccolò Agliardi. «E poi Moroder li ha vinti quando non c’era Zoom, io è da agosto che sto collegata col mondo fino alle 5-6 del mattino, è una gran fatica!».

Donne vincenti

«Con Diane Warren (che ha composto le musiche, ndr) ci sentiamo tutti i giorni». Per lei, autrice di brani celeberrimi come I don’t want to miss a thing degli Aerosmith o Un-break my heart di Toni Braxton, è la dodicesima nomination: chissà che l’Italia non le porti fortuna stavolta.

In quanto alla protagonista del film, Sophia Loren, dice la cantante: «Mi sento piena di riconoscenza perché mi ha scelto lei. Essere la sua voce è davvero emozionante per me».

La tisana e le pesche

Laura nel frattempo si prepara alla serata degli Oscar bevendo tisane drenanti e allenandosi per arrivare in forma perfetta al Dolby Theatre: «È tutto così gigante in un momento in cui io come molti mi sento tanto fragile. Sono nata in un paese dove ci sono i campi di pesche; non sono stata capace di fare la vendemmia ma mi sono data da fare. Perché ho tanto successo, mi chiedo? Certo, lavoro tanto, ma c’è molta gente che lavora tanto e non ha gli stessi risultati. Non può essere solo fortuna, come mi dicevo una volta. Ho paura di sentirmi speciale, ma qualcosa forse c’è... devo rendermene conto: posso piacere o no, ma io sono così».

Eppure, anche se la sua vita è stata travolta dal successo, lei ti dice: «Cantare, ieri come oggi, è sempre la stessa cosa», che sia in un pianobar davanti a 100 persone o a San Siro davanti a 70mila, «anche se adesso ci sono tante cose attorno che non immaginavo. Più denaro, ma anche più responsabilità».

E pure un Oscar all’orizzonte, ciliegina sulla torta di questa stacanovista che vuole guadagnare ogni giorno il suo successo: «In fondo io non ho fatto niente, ho cantato una canzone e ho fatto tante interviste per promuoverla come fanno tutti i miei colleghi. Sì, è vero, rompo le scatole alla casa discografica; quando esce un disco voglio presentarlo perché sono diventata una storia per qualcuno. Bisogna lavorare duro per raccontare le cose che fai. A volte mi dicono “costa troppo”, allora taglio il superfluo, viaggio anche senza manager, non ho paura».

Però il lockdown la destabilizza: «Da 28 anni sono abituata a restare a casa 20 giorni all’anno, quindi faccio fatica a sentirmi in equilibrio adesso, ma devo essere forte per tutti». E forse il suo successo viene proprio da questo cuore di ragazzina tenace: «All’estero ho meno paura, mentre in Italia sento sempre una grande responsabilità. C’è stato un momento in cui mi sentivo in colpa per il mio successo, mi ha aiutato molto una psicologa».

Le radici

Naturalmente ci sono anche la famiglia e gli amici: «I miei compagni di scuola mi hanno scritto: ti mancano solo le Olimpiadi!».

Nel frattempo la mamma si collega in chat e Laura si preoccupa di aver detto una parolaccia che lei potrebbe aver sentito. Ma c’è soprattutto il papà Fabrizio in testa ai suoi pensieri adesso: «Dedico questa nomination a mio babbo che da quando ero bambina mi ha detto che i miei sogni erano troppo piccoli e mi ha accompagnata da sempre in questo cammino gigante che si meriterebbe più lui di me. Grazie babbo, tu sei davvero il mio Oscar».

Lo ha scritto su Instagram e annuncia: «Se dovessi vincere dirò questo». Poi spiega: «Ho cominciato con lui, in casa. È un musicista, un cantante che ha lavorato con molte orchestre e anche con Raoul Casadei, che è nei nostri pensieri. Quando ero adolescente ha deciso di provarci: ha lasciato le orchestre per fare il pianobar, che all’epoca era una cosa nuova. Mi piaceva guardarlo, spesso stava in garage, lo aveva allestito con tutti i suoi strumenti e provava le sue canzoni, i brani di Aznavour. Mi ha insegnato che le canzoni sono importanti al di là della musica, perché portano un messaggio». Fabrizio è stato paziente con Laura, non l’ha mai forzata: «Non mi ha mai detto che dovevo cantare. Poi, il giorno del mio ottavo compleanno, al famoso ristorante Napoleone di Bologna, mi ha chiesto che regalo volessi, e io ho detto che volevo un microfono. Così abbiamo cominciato qualcosa di unico e adesso siamo qui. Ma io sono sempre la stessa, e questa cosa me l’ha insegnata lui». «Vorrei portarvi con me a Los Angeles – conclude Laura Pausini –, spero di dare il meglio di me, di non dire parolacce e di essere all’altezza della situazione. Farò il possibile per rendervi orgogliosi».

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