L’arrivo dei profughi veneti dopo la “rotta di Caporetto”

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Estate 1917. Terzo anno di guerra. L’attività balneare è ridotta all’osso. Sulla litoranea la maggior parte dei villini ha le persiane chiuse, i giardini disadorni e i cancelli sprangati; i pochi bagnanti che s’intravedono sulla spiaggia tengono un contegno dignitoso e riservato. Il momento è drammatico. Soppresse le piacevolezza della bagnatura, le uniche distrazioni sono quelle promosse dai comitati patriottici, tutte orientate a dare conforto alle famiglie dei soldati al fronte. Le notizie che arrivano dalle trincee, del resto, non sono affatto lusinghiere.

Tra le iniziative merita un accenno quella che si svolge domenica 5 settembre 1917 a Viserba. Al crepuscolo di una stagione particolarmente spenta, alcuni villeggianti riuniti nel “Comitato dei Piccoli Figli dei Combattenti” danno vita ad un Matinée di beneficenza con un programma musicale che la stampa definisce «altamente artistico». Il Comitato, composto «dalle signore: professoressa Emma Consolini, Maria Bucellati, Amalia Fiorini, Lucia Menniello, tutte di Bologna; Adele Balsimelli di Milano, Maria Ulivi di Siena; e dai signori: rag. Torquato Menniello di Bologna e maestro Paolo Balsimelli di Milano», ottiene da Settimio Baschieri, proprietario del Circolo dei Bagnanti, l’uso gratuito del locale. «La Colonia balneare – riferisce il Corriere Riminese – corrispose con slancio all’appello del Comitato, non solo, ma alcune Signore e Signorine ebbero la gentile idea di distribuire al pubblico, ad offerte libere, fiori e coccarde. L’esito del concerto è stato coronato da completo successo, sia per la valentia degli artisti che vi hanno preso parte (tutti si sono prestati gentilmente), sia per l’incasso in L. 503,20 nette versate alla benemerita Presidentessa del Comitato Piccoli Figli dei Combattenti». La direzione del giornale, a margine del ben riuscito Matinée, esprime «agli egregi ospiti i più vivi ringraziamenti» e plaude «all’opera benefica da essi spontaneamente esplicata a favore dei figli di coloro che stanno combattendo per una più grande Italia» (Corriere Riminese, 9 settembre 1917).

Il conflitto, intanto, prosegue con il suo carico di lutti e di sofferenza. Nel momento in cui la popolazione riminese è sottoposta al razionamento della farina e del pane, giungono in città 700 profughi delle province di Udine e Treviso minacciate dall’invasione austriaca. Questa ondata di gente, che scappa dal fronte, viene ospitata e assistita con calma e ordine nei sanatori al mare. «Era gente priva di tutto, costumata e composta, che ripagò con il massimo della discrezione e della bontà l’accoglienza ricevuta», scriverà Nevio Matteini in Rimini negli ultimi due secoli (Primo volume, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna 1977, p.357). Dopo la “rotta di Caporetto”, nel novembre del 1917, non è possibile fare altrettanto con la massa degli esuli che sopraggiunge come una vera e propria valanga. Sono profughi veneti che, in modo tumultuoso e senza criterio organizzativo, occupano le ville e le casette vuote di marina. Per oltre un anno migliaia di sfollati si stabiliscono lungo il litorale procurando non pochi disagi ai proprietari delle abitazioni e aggravando le già precarie condizioni economiche e psicologiche dei cittadini.

Con il trasferimento a Rimini delle autorità civili del comune di Venezia, l’organizzazione dei profughi migliora. L’albergo Tergeste, alla sinistra della foce dell’Ausa, diviene la sede della rappresentanza municipale veneta e il punto di coordinamento dei soccorsi. Al Grand Hotel prima, al Ristorante Regina poi, vengono aperte le scuole per i figli dei rifugiati e nell’ex Ospizio Matteucci, i primi di aprile del 1918, è allestita una manifattura tabacchi adibita alla confezione di pacchettini di “trinciato comune” che dà occupazione a molte ragazze venete (Corriere Riminese, 21 aprile 1918). La scuola, il lavoro e l’assistenza continua dei comitati di soccorso sollevano il morale degli sfollati e normalizzano notevolmente la transitoria situazione.

Anche le “chiese dei bagnanti”, costruite di recente sul litorale di Rimini, Viserba e Riccione in questi frangenti assumono un importante ruolo. Qui sacerdoti veneti tengono i collegamenti e raccolgono le notizie tra i membri separati delle famiglie. Inoltre in questi sacri templi si celebrano commoventi funzioni religiose. Nella chiesa edificata allo sbocco della via Traj e non ancora completamente ultimata, appuntamenti significativi sono la Festa di San Marco, patrono di Venezia, solennizzata ufficialmente il 25 marzo dal vescovo di Rimini, mons. Vincenzo Scozzoli, e il mesto rito in memoria dei soldati veneziani morti in guerra, officiato l’11 aprile da mons. Pietro Cisco con la partecipazione delle autorità politiche e amministrative di Rimini e Venezia.

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