L’ape lascia “lo zampino” nel miele

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Un proverbio popolare dice «tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino». Non c’è solo la gatta, però: anche l’ape quando fa il miele lascia il suo “zampino”. Uno studio dell’Università di Bologna, grazie a una analisi della sequenza genomica del Dna, avrà come obiettivo quello di conoscere e conservare la biodiversità delle api italiane, garantendo qualità e tracciabilità del suo miele. Il progetto si chiama Bee-Rer-2 e permetterà di decodificare la biodiversità dell’apis mellifera ligustica, l’ape italiana. Grazie a un metodo messo a punto dagli studiosi bolognesi sono stati in grado di individuare tracce del suo Dna nel miele e questo permetterà di valutare la biodiversità nelle popolazioni presenti in Emilia-Romagna. «Il miele contiene il Dna ambientale, cioè il Dna che deriva da tutti gli organismi che direttamente o indirettamente sono venuti a contatto con il miele lungo il suo percorso di formazione, dal nettare delle piante fino al suo confezionamento - spiega Luca Fontanesi, professore al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna che coordina il progetto - Queste tracce ci permettono di risalire a un gran numero di importanti informazioni che abbiamo appena iniziato a decodificare».

Le analisi del Dna presente nel miele permetteranno inoltre di identificare la sua origine botanica. Con un doppio obiettivo: da un lato monitorare la presenza di patogeni pericolosi per le api e dall’altro avviare un processo di valorizzazione del miele regionale. In questo modo, sarà possibile sviluppare nuovi sistemi per il controllo e la certificazione del miele italiano e contrastare il fenomeno, in preoccupante crescita, delle contraffazioni e delle frodi legate al commercio mondiale del miele. Il progetto Bee-Rer-2 è finanziato dalla Regione Emilia-Romagna e coordinato dall’Università di Bologna. Oltre a Luca Fontanesi, collaborano i ricercatori Samuele Bovo, Anisa Ribani, Giuseppina Schiavo, Valeria Taurisano e Valerio Joe Utzeri per il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari, insieme alle ricercatrici Gloria Isani e Roberta Galuppi del Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie. Secondo dati di Coldiretti diffusi per la recente giornata mondiale delle api, nel 2021 sta crollando di circa il 30% la produzione di miele in Italia. Grazie ai dati dello European Severe Weather Database emerge infatti che l’inverno bollente e la pazza primavera segnata da gelate hanno creato in molte Regioni gravi problemi agli alveari con le api che non hanno la possibilità di raccogliere il nettare con un crollo dei raccolti per tutti i tipi, dall’acacia agli agrumi. «Il danno economico e ambientale colpisce il Paese in una situazione in cui la svolta salutista degli italiani per effetto della pandemia Covid ha portato all’aumento del 13% degli acquisti familiari di miele nel 2020 ma sugli scaffali dei supermercati italiani già più di 1 vasetto di miele su 2 viene dall’estero, con una produzione nazionale stimata pari a 18,5 milioni di chili nel 2020». Secondo le elaborazioni di Coldiretti sui dati del rapporto dell’Osservatorio nazionale miele in Italia ci sono 1,6 milioni di alveari curati da circa 70mila apicoltori dei quali oltre 2 su 3 sono hobbisti che producono per l’autoconsumo.

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