L'alpino Gori e l'impresa di Fiume con d'Annunzio

Rimini

Per merito dell’istituto del “Nastro Azzurro fra combattenti Decorati al Valor Militare” si riuscì a conservare una parte dell’archivio del nostro Gruppo alpino riminese, come pure il vecchio gagliardetto datato 1934.
Tramite questi documenti storici scopriamo che, per merito dell’alpino Vasco Ferranti, nella serata del 7 gennaio 1950, presso il Ristorante “Vecchia Rimini”, ci fu una riunione conviviale nella quale si ricostituì il Gruppo, dopo gli eventi della Seconda Guerra Mondiale. Gli alpini che si ritrovarono alla “Vecchia Rimini” rappresentano un’altra testimonianza della nostra “alpinità” che si prepara, dopo 100 anni di storia dell’Ana, ad accogliere, per la prima volta nella terra di Romagna, l’Adunata Nazionale 2020.


Nel Ristorante “tutto pesce”, aperto nel 1949 da Giovanni Morri e dal babbo del nostro tesoriere, il dottor Luigi Prioli, si legge nel verbale, che si presentarono all’appello il maggiore Silvio Padovani, i capitani Gino Beraudi e Italo Gori, i tenenti Giuseppe Gaspari, Pietro Cardelli ed Eugenio Lazzarotto, i sottotenenti Vasco Ferranti e Pietro Ricci, il sergente maggiore Matteo Molignani e l’alpino Pietro Regis. Assenti giustificati Mario Rusconi, Succi e Marvelli (fratello del Beato Alberto).
Dietro proposta del capitano Beraudi, il Gruppo, che pose la sua sede in Via Calatafimi 84, venne dedicato, in quella serata, al glorioso capitano alpino Aldo Jorio, morto in Russia nel 1943.
Ora, dopo aver scritto sull’alpino riminese Nelson Cenci, protagonista nel racconto “Il Sergente nella Neve” di Mario Rigoni Stern, ricorderemo brevemente la vita dell’avvocato Italo Gori.
La storia di Gori
Italo nasce a San Marino nel 1898, secondogenito di Giuseppe, insegnante al ginnasio Governativo dell’antica repubblica, e di Tina Vacchi, romagnola come il padre che era nato a San Mauro ed era coetaneo ed amico di Giovanni Pascoli . Ebbe tre fratelli, Giovanni primogenito poi Miryam ed infine Libero. Il padre oltre che docente ricoprì la carica di Console d’Italia a San Marino.
Medaglia di bronzo
Italo Gori decise di partire volontario negli Alpini, Caporale del “Feltre”, decorato di medaglia di bronzo nell’azione a Cima Valderoa del dicembre 1917 e nell’anno successivo fu inviato al corso ufficiali e con il grado di Sottotenente rientrò a casa a conclusione della guerra.
Con la nascita a Milano dell’Associazione nazionale alpini, nel luglio 1919, è fra i primi ad iscriversi come socio, ne è testimonianza un articolo pubblicato nel gennaio 1921 (la sezione bolognese romagnola alla quale appartiene il Gruppo riminese nascerà l’anno successivo, nel novembre 1922).
Partecipò come volontario all’impresa di Fiume insieme a Gabriele D’Annunzio, del quale era Aiutante di Campo, che lo soprannominò “San Marino”.
Nuovamente volontario nella seconda guerra mondiale si ritrovò nella campagna di Russia sempre come sottotenente, non avendo avuto gli avanzamenti di grado in quanto militare di un altro Stato.
Cittadino onorario
Trasferitosi a Rimini, nell’immediato dopoguerra, svolse la professione di avvocato diventando anche cittadino italiano e dal 1958 fino al 1987 fu capogruppo degli alpini di Rimini, anno in cui lascia la guida per motivi di salute e di età. Muore tre anni dopo nel 1990 con il grado di Maggiore degli alpini.
Italo Gori fu quindi una delle Penne Nere riminesi che come impegno riuscì a far continuare a vivere nella nostra città quella che i padri fondatori dell’Ana avevano creato: la grande famiglia alpina.
Ora che stiamo vivendo un periodo nel quale si parla tanto di vaccini, mi piace concludere questo breve racconto scrivendo che i 3 fratelli Gori, quando tornarono a casa sani e salvi dalla Prima guerra mondiale, furono colpiti dal “morbillo” e la madre, aprendo la porta al prete , che era venuto per la benedizione pasquale, gli disse sorridendo: “Benedica casa, figli e morbillo, meglio il morbillo del cannone!”.
*ufficio stampa Gruppo alpini Rimini

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