La vita del calciatore ebreo Di Veroli raccontata dal forlivese Poponessi

Cultura

Giovanni Di Veroli (Roma, 1932-2018) è stato l’unico ebreo romano a giocare in una squadra di serie A, la Lazio. Ha vissuto una vita piena attraverso il Novecento italiano, dalla nascita nell’Italia fascista con il rischio di deportazione nei campi di sterminio alla conquista della Coppa Italia nel 1958.
A raccontare la sua vita nel libro fresco di stampa, “Una stella in campo. Giovanni Di Veroli: dalla persecuzione razziale al calcio di serie A” (edito da Persiani Editore), sono il figlio Roberto Di Veroli e l’autore forlivese Paolo Poponessi.
Di Veroli, detto “Ciccio”, è entrato nella storia proprio perché è stato l’unico ebreo romano a giocare in serie A. Tutto è iniziato giocando a calcio per strada da bambino, poi indossando la divisa della squadra ebraica e romana Stella Azzurra, fino a quando un osservatore della Lazio un giorno, notò il suo talento guardandolo giocare da bordo campo. Così esordì nel 1953 in Lazio-Fiorentina e rimase nella squadra per sei stagioni, fino al 1958 quando venne conquistata la Coppa Italia.
Ma la sua vita è ricca di eventi storici, dai timori di persecuzione razziale e deportazione dell’Italia fascista alla rinascita del Paese, a cui il calcio diede un grande contributo. Due gli episodi più emblematici raccontati nel libro, oltre al successo nella Lazio. Il primo fu che Di Veroli riuscì a fuggire al rastrellamento del ghetto romano del 1943; il secondo riguarda il suo impegno come testimone non combattente durante la Guerra dei Sei giorni tra arabi e israeliani nel 1967. A fianco dei militari israeliani, infatti, documentò fotograficamente i momenti salienti del conflitto e il libro riporta molti documenti d’archivio e immagini dell’epoca.
“Una stella in campo” racconta la vita di un atleta che divenne un vero e proprio simbolo nel mondo del calcio, ma anche quella di un uomo con il suo bagaglio di vissuto, interessi e attività. Dopo il calcio divenne poi un commerciante e poi partì come fotoreporter per Israele, lasciando a Roma moglie e figli.

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