La Valdoca al Bonci con "Enigma" di Ronconi e Gualtieri
Su il sipario finalmente al teatro Bonci di Cesena, per la prima di Enigma. Requiem per Pinocchio, nuova produzione del Teatro Valdoca e di Ert, in scena venerdì 14 e sabato 15 maggio alle 19. È un debutto modellato con un lungo percorso di residenze, anche al teatro Dimora di Mondaino, da due settimane nello stesso Bonci. Il teatro cesenate si ripresenta più luminoso, dopo le opere di manutenzione di palchi e arredi; e con platea senza poltrone. Valdoca può così utilizzare l’intero teatro, la platea vuota dominata da bianco e sanguigno rosso, e il palco in contrasto, scuro e lunare. Il pubblico segue dai palchi. È un’opera «della maturità», affermano i Valdoca Cesare Ronconi e Mariangela Gualtieri, che nasce «dall’incontro di corpi con una grande anima». Fondamentale per Cesare è stato rincontrare la danzattrice lughese Silvia Calderoni (1981) che vent’anni fa cominciò a “esplorarsi” nella Scuola di Formazione Ert diretta da Valdoca. «Questo spettacolo nasce dalla mia curiosità per l’adolescenza – ammette il regista Ronconi – quella che mi suscitò Silvia Calderoni in “Paesaggio con fratello rotto” (2004), ma anche quella di Pinocchio che è un quasi adolescente, età che si vive dopo l’infanzia, ma anche attorno ai 65-70 anni». Su spinta “adolescenziale” Cesare ha cominciato a “intagliare” il suo burattino in campagna utilizzando potature di vigna e ulivo per la scenografia. La ricerca di “materia prima” umana, di corpi vivi scalpitanti, lo ha condotto a un cast autorale, non più neofiti per cori epici, ma esperti della scena per raggiungere, con le parole scritte da Mariangela, anche un pensiero filosofico. Al Pinocchio di Silvia Calderoni ha unito la Fatina Chiara Bersani che ha la voce di Mariangela Gualtieri, il grande Mangiafuoco Matteo Ramponi, le voci al canto dal vivo di Silvia Curreli ed Elena Griggio, e poi l’originale mondo sonoro di Enrico Malatesta, Attila Faravelli, Ilaria Lemmo, dialogo a tre con “Pinocchio” fra artigianalità di percussioni, registratori a nastro e al computer, elaborazione di software digitali come diffusori. «Il famoso impianto narrativo del libro di Collodi non mi ha mai interessato – precisa Cesare –. Ciò che mi preme è di entrare nel corpo di Pinocchio, coglierne la vita, il pensiero, il sogno. La verità forte di Pinocchio è la sua adolescenza, fisicità, il suo sbagliare. L’errore fa parte di lui come di noi tutti, è ciò che ci fa pensare. Vedo il mio Pinocchio metafisico, privo di connessione narrativa ma forte di relazioni fisiche, di parole, di una vivacità corporea espressa dal “corpo” della compagnia. Voglio esprimere il selvatico di Pinocchio, al contrario di noi che siamo creature “allevate”». Osservando i corpi, Mariangela Gualtieri ha dato loro parole: «Il momento per me più ispirante – dice – è quando, grazie alla Fatina, il Pinocchio di legno diventa umano. Da lì sono partita per una interrogazione un po’ filosofica di pensieri e frammenti, mentre i corpi parlano di scalcio, di vita, di avventura, di esperienza, come nell’adolescenza».