La studiosa Sofia Ciaroni svela Villa Imperiale e il suo mistero

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C’ è un mistero che avvolge la Villa Imperiale di Pesaro. Quest’opera maestosa, posta sul rilievo collinare del Monte San Bartolo, tra i più affascinanti esempi di architettura quattrocentesca e cinquecentesca d’Italia, conserva un segreto da svelare.

Ancora oggi abitata in parte dalla famiglia Castelbarco Albani, ma visitabile da maggio a settembre, e location affascinante di mostre e matrimoni vip (tra i più recenti quello dell’atleta Gianmarco Tamberi), la Villa nasconde tra la bellezza delle sue volte e i suoi scorci scenografici, ammirati anche dalla principessa Margaret di Windsor in visita nel 1995, un enigma storico.

Molto se ne parlerà nel 2024, anno in cui Pesaro sarà Capitale della cultura, e molto se ne sta discutendo negli ultimi mesi, da quando la neolaureata Sofia Ciaroni, originaria di Misano, ha discusso la sua tesi “L’imperiale di Pesaro: una rilettura attraverso due fonti settecentesche” al Politecnico di Milano.

Se lungo la ricca e antica storia della Villa – dagli sfarzi rinascimentali, alla rinascita ottocentesca – è certo che imperatori e papi visitarono le sue stanze, videro gli affreschi di Raffaellino del Colle, del Bronzino, di Dosso Dossi, i giardini pensili, le suggestive grotte decorative, se a quelle finestre, abbellite con putti e cavalieri, è documentato che si affacciarono gli Sforza, i Della Rovere, i Medici, gli Asburgo-Lorena e che su e giù per scaloni e loggiati dimorarono anche i gesuiti con la loro censura inquisitrice, poco si sa del giardiniere Terenzio Giauli e del lavoratore Girolamo Gorini, che soggiornarono nella Villa dalla fine del Seicento alla metà Settecento, nel periodo che gli storici ritenevano di abbandono e degrado dell’edificio.

Prima dell’analisi puntuale che Ciaroni facesse dell’anonima “Descrizione minuta delle fabbriche di Pesaro, terminata l’8 otto. 1758” (conservata nell’Archivio di Stato di Firenze) a confronto con il rilievo dell’architetto papale Gianfrancesco Buonamici del 1756, si immaginava la Villa a metà Settecento trascurata e solitaria. «Qualsiasi ricerca inerente questo periodo è una novità, ci sono poche fonti – sottolinea la studiosa –. L’anonimo è molto preciso nella descrizione dell’ambiente che risulta trascurato e in deperimento. Il Buonamici invece inserisce anche elementi di fantasia, forse in vista della possibile vendita alla Camera Apostolica».

La polvere del tempo come padrona implacabile. La voce del vento come rara compagna di pavimenti e soffitti. «Serrature e scale guaste, finestre senza scuri, o ferrate».

Alessandro Sforza fece costruire la Villa molto tempo prima, probabilmente nel 1452. Il Signore la volle per allietare le sue estati. La posa della prima pietra avvenne addirittura per mano dell’imperatore Federico III d’Asburgo. Iniziò un’epoca di splendore che toccò il suo culmine nel Cinquecento con il passaggio di proprietà ai Della Rovere. Girolamo Genga, architetto estroso e raffinato, ne riorganizzò la volumetria, coordinò il ciclo di affreschi, aggiunse un’ala alla Villa dedicata agli «otia e ai piaceri», alle feste, ai giochi d’acqua e alle rappresentazioni teatrali. Una brillante vita di corte fino a quando, col passaggio di proprietà ai Medici e poi ai Della Rovere, si spensero lentamente le luci della mondanità e la Villa iniziò a essere abbandonata. Il Settecento la sua età più buia: «Non mi aspettavo di scoprire che invece in quel periodo ci vivesse qualcuno» commenta Ciaroni.

Il giardiniere e l’operaio furono misteriosi custodi degli affreschi della sala del Giuramento, della stanza delle Cariatidi, della sala degli Amorini, delle fatiche d’Ercole, dello studiolo. Due presenze indispensabili ed enigmatiche, non si sa bene volute da chi e pagate da chi, per vegliare su queste meraviglie. Scoperta che apre la strada a nuove ricerche e indagini.

La tesi di Sofia Ciaroni, per questo motivo, insieme al successivo studio incentrato questa volta sui restauri ottocenteschi della Villa, verrà pubblicata e diventerà un ulteriore tassello per la ricostruzione storica di questa splendida opera architettonica.

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