"La solitudine è questa": Pier Vittorio Tondelli in un film

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Pier Vittorio Tondelli visto attraverso Rimini, città chiave per lo scrittore correggese (1955- 1991), che la rese simbolo della postmodernità degli anni Ottanta grazie anche all’omonimo libro, divenuto un classico tra poliziesco e romanzo di costume.

Un viaggio che prosegue in altre città legate alla sua memoria: dal paese natale di Correggio (Reggio Emilia), alla città degli studi a fine anni 70 Bologna, dall’Aquila, dove il primo libro Altri libertini fu sottoposto a sequestro e processo, a Orvieto che è al centro del secondo libro Pao Pao, fino a Milano, dove Tondelli portò a compimento importanti progetti editoriali, e Berlino, città che rappresenta il tema del viaggio e dell’altrove così centrali nella sua opera.

A questo viaggio è dedicato un film tra documentario e fiction: La solitudine è questa (citazione da Camere separate, l’ultimo, doloroso romanzo sulla malattia e la morte. Le riprese a Rimini si sono svolte l’11 aprile tra centro storico e spiaggia.

Diretto da Andrea Adriatico, sceneggiato da Grazia Verasani, Stefano Casi, e dallo stesso Adriatico, con la partecipazione degli intervist’attori Lorenzo Balducci e Tobia De Angelis e di sette scrittori under 40 (a Rimini ha partecipato alle riprese Alessio Forgione), è una produzione Cinemare e Pavarotti International, con il sostegno del ministero della Cultura e il contributo della Regione Emilia-Romagna.

«Tondelli – dice il regista – si è fatto carta assorbente del suo tempo in presa diretta. La sua solitudine, che è anche quella del viaggiatore, sembra un ossimoro o un paradosso, ma è proprio tuffandosi nel bel mezzo dei riti sociali della sua generazione, magari in una discoteca di Rimini o Riccione, che Tondelli fa emergere questa dimensione esistenzialista legata alla solitudine. E questo lo rende ben più importante e necessario della semplice definizione di scrittore degli anni Ottanta, come se oltre quel decennio non avesse più valore».

Come vi siete mossi?

«L’idea base del film è quella del viaggio, che è poi uno dei temi principali dell’opera di Tondelli. Si tratta di un viaggio geografico, dalla città natale Correggio fino a Berlino come rappresentativa del suo peregrinare nelle capitali europee. Ma è anche un viaggio alla ricerca dello stesso Tondelli, fatto da due giovani cresciuti dopo la sua morte, qui interpretati da Balducci e De Angelis. Ecco, sono loro a seguire le tracce lasciate nei suoi libri, per ricostruire non tanto la sua biografia, quanto la sua figura di scrittore. E in questo viaggio ci auguriamo che riescano a trascinare anche gli spettatori, in particolare le giovani generazioni».

Perché avete scelto di collocare al centro della narrazione la parola di sette scrittori under 40?

«Perché sono scrittori nati in quegli anni Ottanta raccontati da Tondelli, che quindi lo vedono quasi come un classico. Anziché farci raccontare episodi della vita da parte dei testimoni, oppure sentire analisi fatte da studiosi, abbiamo preferito le parole di colleghi della generazione successiva, che facessero in qualche modo da ponte verso le generazioni attuali, usando la loro sensibilità rispetto alla scrittura».

Stefano Casi, avete definito il film racconto di un’epoca passata (gli anni 70-80) e al tempo stesso delle generazioni di oggi.

«Il rapporto tra gli anni 70-80 e l’oggi sta proprio nell’evitare il semplice esercizio della memoria, del ricordo, e nel portare quasi in rotta di collisione, o forse di compenetrazione, questi due mondi: da una parte le parole di Tondelli che arrivano dal passato, dall’altra giovani scrittori e protagonisti che vivono nel presente, che però si rispecchiano in quelle parole, restituendole con una sensibilità tutta contemporanea».

Allo scrittore Alessio Forgione (Premio Selezione Strega 2020 con “Giovanissimi”) abbiamo chiesto se, come la “Napoli mon amour” del suo romanzo d’esordio, la Rimini postmoderna degli anni Ottanta apparisse agli occhi di Tondelli «una città costruita su un’impalcatura di contraddizioni… un amore impossibile».

«Immagino Tondelli divertito, forse anche un po’ sorpreso, ma mai giudicante della realtà che si trova a vivere. Percepisco Tondelli quale parte del mondo, degli anni Ottanta, di quei luoghi, eppure è anche in disparte, perché osserva, registra, racconta. La Rimini che egli ritrae mi sembra un posto veloce e pazzo. Un posto dove, smarrendosi completamente, è possibile rintracciare i propri punti cardine, per poi tornare alla propria vita senza lo sballottamento nel mondo».

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