La Romagna (fasulla) dei due Cesari e quella (vera) dei tre martiri

“Romagna solatìa, dolce paese, cui regnarono Guidi e Malatesta, cui tenne pure il Passator cortese, re della strada, re della foresta”. Eeeehhh, caro Giovannino Pascoli di scolastiche memorie: nelle tue “Myricae” volevi darcela a bere sulla tua Romagna… Ma in realtà i tuoi “re” erano dei gran farabutti, specie i Malatesta, per non parlare del Passatore che tu definisci “cortese”, e che in realtà era uno spietato brigante che rapinava e uccideva, e violentò perfino la sorella del placido Pellegrino Artusi (sì, quello della guida culinaria) costringendolo all’esilio toscano. Eppure il Passatore (Giovanni Pelloni in realtà) era visto come una specie di Robin Hood romagnolo (da cui il tuo “cortese”), idolatrato da una parte del popolo, quella che amava chi si ribellava all’autorità costituita. Perché qui la ribellione ce l’hanno nel sangue e l’hanno pagata spesso col proprio sangue.

Questa introduzione per raccontarvi una storia da leggere sotto l’ombrellone, se vorrete. Succede che uno dei monumenti più fotografati dai turisti in piazza Tre Martiri a Rimini sia la statua di Giulio Cesare posta all’angolo con Corso d’Augusto verso l’altra piazza centrale, quella dedicata a Cavour. Il bello è che questa statua è un doppio falso. Ora, quale città italiana non ha una statua di Giulio Cesare? Sono perlopiù copie in bronzo o marmo, di quella autenticamente antica, conservata a Roma. In epoca in cui i duci e ducetti andavano forte, il romagnolo cavalier Benito Mussolini, non avendo ancora la faccia tosta di riempire le città con le “sue” di statue, pensò a Cesare come suo degno predecessore. E cominciò a regalare “Cesari” a mezza Italia. Poteva mancare Rimini, dove c’era una piazza Giulio Cesare (oggi Tre Martiri)? Certo che no. Anche perché leggenda vuole che proprio qui il Divo Giulio (no, non Andreotti, quello vero, il primo dittatore/imperatore) abbia pronunciato alle sue truppe il famoso discorso de “Il dado è tratto” e fregandosene del Senato invase l’Italia e si prese Roma. Ebbene Mussolini in pompa magna nel 1933 regalò la “sua” statua di Giulio Cesare alla città. La statua venne posta alla base della torre dell’orologio (dove oggi c’è la lapide dei caduti in guerra… quella guerra sanguinaria che proprio Mussolini volle… ma ci arriviamo). Il Corriere della Sera (ah, i giornali a volte…) titolò trionfante: “Per volontà del Duce, dopo 2000 anni, Cesare ritorna a Rimini”… davanti a 30mila persone osannanti il fascio, il duce, l’Italia e compagnia brutta!

Solo 12 anni dopo però, nel 1945, dal momento che per il cavalier Benito le cose erano finite maluccio, la statua venne rimossa e sepolta in fondo al fiume Marecchia… Fango nel fango. Senonché nel 1953 fu recuperata dagli artificieri, ripulita e portata nella caserma dell’esercito, intitolata manco a dirlo a “Giulio Cesare”. E ancora oggi troneggia all’ingresso della caserma. Che però prima o poi sarà smantellata, come molte altre caserme italiane, da quando il servizio di leva non è più obbligatorio. Ma tra gli anni 80 e 90 non era così e in Comune si cominciò a discutere di far ritornare la statua di Cesare in piazza. Solo che i militari non avevano nessuna intenzione di mollarla. Sicché se ne fece una… copia (UNA COPIA DELLA COPIA!) a spese del Rotary e di una banca locale. Così alla fine venne realizzata e posta laddove si “ammira” ancora adesso, all’angolo tra piazza Tre Martiri (già Giulio Cesare) e il corso d’Augusto. Parentesi: qui i riferimenti a Imperatori, dittatori e duci sono ovunque, dall’arco d’Augusto al corso d’Augusto, dal ponte di Tiberio alla statua di Giulio Cesare.

Ormai s’è capito, le statue sono due, uguali sputate, entrambe dei falsi: la “mussoliniana” copia dell’originale romano e la più recente “rotaryana”, copia della copia fascista. Ora, non essendo questa città Roma, due statue di Giulio Cesare a Rimini sembrano un tantino troppe. Anche perché prima o poi la caserma verrà chiusa e la statua voluta da Mussolini dovrà essere spostata (a meno di porla all’ingresso di un bel complesso residenziale naturalmente intitolato a “Giulio Cesare” che potrebbe sorgere al posto della caserma: qui, credetemi sulla parola, ne sarebbero capaci!...).

Eppure, diciamoci la verità, tutto questo amore dei riminesi per Giulio Cesare puzza… Intanto il cippo in marmo posto in piazza Tre Martiri, sul quale si vuole che Cesare salisse per dire “Il dado è tratto”, è fasullo anche lui: pare sia cinquecentesco. Poi, dopo la guerra, la piazza Giulio Cesare venne re-intitolata ai Tre Martiri: in questa piazza infatti, poco prima della fine della guerra, vennero trucidati tre partigiani riminesi, come la targa in bronzo posta a lato del cippo, ben ricorda. Una convivenza che stride: da una parte Cesare che non è più degno di una piazza ma di una statua sì (statua che ricorda quella donata da Mussolini) e dall’altro il ricordo di tre dei tanti giovani ribelli alla dittatura che pagarono con la vita tale coraggioso spirito e, con la loro Resistenza e il loro martirio, ci regalarono l’Italia libera.

Vedete? Ve l’avevo detto, lo spirito di ribellione permea questa bellissima terra, ricca di contraddizioni (per dirne una: alcuni romagnoli vorrebbero cambiare nome alla Villa Mussolini di Riccione – ora contenitore per eventi). Una terra che secondo il poeta Davide Rondoni è “Quasi un paradiso” dal titolo dal suo ultimo libro, proprio dedicato alla Romagna. Ma intanto la domanda resta aperta: Rimini città dei due Cesari, o dei Tre Martiri?

Eh, tante cose sono successe in questa piazza dove affaccia la redazione in cui lavoro. Dopo Cesare e prima dei Malatesta, e molto prima di Mussolini, da qui passò un certo Sant’Antonio da Padova che si fermò a predicare: una mula s’inginocchiò alle sue parole. Il miracolo bastò per ereggere un tempietto a lui dedicato. C’è dal 1500 ed è stato restaurato dopo il terremoto del 1600. Infine, durante i bombardamenti della Seconda Guerra, i palazzi della piazza vennero rasi al suolo. Cosa restò in piedi? Solo la torre dell’orologio, costruita anche questa nel medioevo, evidentemente con grande perizia. Ed è lì ancora oggi che troneggia su tutti noi. Quante ne ha viste!!!

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