La Rimini del caffè chantant, una piccola Parigi

RIMINI. Ultimi anni dell’Ottocento. L’aria che si respira nei grandi centri urbani profuma sempre più di Belle époque. La vita notturna dal sapore un po’ equivoco e “peccaminoso” è tutta concentrata nei café chantant. Intorno a questi templi del divertimento libertino si costruiscono storie fantasiose alimentate da una informazione che distorce volutamente la realtà per accrescere la curiosità dei lettori. Proliferano le immagini di “donnine” semivestite avvolte in spumeggianti capi di biancheria intima; risaltano i provocanti frou-frou, i seducenti corpini di pizzo e trine, le calze nere trasparenti, le immancabili giarrettiere e tutta la serie di volant, passamanerie e nastri colorati. Protagoniste di questa capricciosa babilonia di allegria sono le soubrette, graziose attricette, che al déshabillé aggiungono gli sguardi audaci e le pose licenziose.
La Capanna Svizzera
Anche Rimini ha il suo café chantant. Non è famoso come il Salone Margherita di Roma o l’Eden di Milano, ma seppure modesto e… rimediato, fa assaporare la stessa atmosfera brillante e mondana tipica dei grandi locali. Si chiama Capanna Svizzera ed è un pittoresco ritrovo sul lido nei pressi dello Stabilimento balneare.

Prima di lasciarci coinvolgere dal turbinio di questa stuzzicante ventata parigina, due parole sul fabbricato è opportuno spenderle. La Capanna Svizzera fu edificata all’inizio degli anni Settanta per essere utilizzata d’estate per la sosta delle carrozze e d’inverno per contenere il materiale mobile della piattaforma. Una volta costruita, Ettore Lucchi, affittuario, da ripostiglio la destina a trattoria. Naturalmente «alla buona». A determinarne il radicale mutamento incidono alcune considerazioni che lasciano intuire facili guadagni: la posizione nelle vicinanze del centro balneare e il via vai continuo di bagnanti sulla riva del mare. Il locale è accolto con favore dai buongustai e da quanti plaudono alle iniziative che incrementano l’industria del forestiero, ancora carente di servizi e di strutture dell’ospitalità. Ruggero Ugolini inserisce la trattoria nella sua Guida ai bagni di Rimini del 1873. «Chi si accontenta di stare alla buona – assicura l’autore del volumetto – mangia e beve a modicissimi prezzi».
Arrivano le soubrette
E arriviamo alla metà degli anni Novanta. Il nuovo affittuario della Capanna Svizzera, Ubaldo Paci, cavalcando le recenti tendenze del divertimento notturno, di giorno mantiene la cucina casereccia, la sera trasforma il locale in café chantant con attrazioni e spettacoli vari. Un cambio di passo notevole, che porta nella piccola cittadina di provincia uno sciame di soubrette da capogiro.
Tra queste, quelle che maggiormente incantano gli assidui del locale – stando alle segnalazioni dei giornali – ricordiamo Amelia Actos, Marie Rubini, Clarette Morell, Amelia Cavalli, Italia Milton e Isler Villefleur. Insieme con le «canzonettiste», dalle «movenze ardite e sensuali», che sembra che ballino e cantino unicamente per risvegliare i desideri e le fantasie maschili, ci sono i «macchiettisti», che cercano di far sorridere il pubblico con un repertorio di monologhi in parte recitati e in parte cantati. Tra questi si distinguono Alberto Biffoni, Armando Flores e Dante Sagrestani. Quest’ultimo riscuote l’applauso della spiaggia riminese per tre estati consecutive, dal 1897 al 1899, ed è definito dalle cronache locali attore «bravo e buffo», ricco di «verve e originalità».
La censura
Nell’estate del 1897 Sagrestani, al suo debutto alla Capanna Svizzera, inciampa in una delle prime censure artistiche che la storia del varietà adriatico ricordi. In coppia con la “sciantosa” Giulia Tedesco, il comico presenta una scenetta che ha come protagonisti una suora e un prete. Lo sketch è molto divertente e il successo che riscuote è strepitoso. Il Marecchia, il 17 luglio, scrive che i due «sono continuamente applauditi e bissati». E tutte le sere si rinnova il pienone.
Ma se a molti la scenetta piace – Il Marecchia è un settimanale anticlericale – c’è anche chi la ritiene blasfema e non l’accetta. A indignarsi, prima fra tutti, è una bagnante di Ferrara che dopo aver assistito «per caso» allo spettacolo, spedisce al giornale cattolico L’Ausa una «missiva-denuncia» prontamente pubblicata il 31 luglio 1897. «L’attrice era perfettamente vestita da suora della carità – dice la bagnante scandalizzata – di quelle cosiddette “grigie” e l’attore era vestito da “prete”!!!». E tutto ciò, aggiunge, «in onta alle leggi che ci governano, in una città colta e gentile, alla presenza della benemerita arma che presenzia il ritrovo a tutela dell’ordine!!!».
La «missiva-denuncia», con tutti i suoi punti esclamativi, scuote i quartieri alti del perbenismo riminese. Biasimi e disapprovazioni piovono da tutte le parti e creano un vespaio. La gag incriminata diviene un pretesto per mettere in discussione il genere di spettacolo e sul varietà si sputa veleno. La Capanna Svizzera, casereccio café chantant senza pretese che tutte le sere con una modica consumazione servita a tavolino permette di sognare l’atmosfera fumosa ed eccitante dei ritrovi notturni, passa brutti momenti. Per porre termine alle polemiche e per evitare la paventata chiusura del locale, il gestore è costretto a imporre a Sagrestani il taglio della scenetta. «Scherza coi fanti e lascia stare i santi», sembra che gli abbia detto. E il «macchiettista», non avendo nessun santo protettore in paradiso – a dispetto del suo nome –, ubbidisce.
1903: nasce il caffè concerto
Le lamentele contro questo genere di spettacolo non cessano, anzi aumentano di anno in anno. Fino al 1903. Quell’estate il nuovo conduttore, Alfredo Arcangeli, a norma di contratto d’affitto stipulato con il Comune, sostituisce il café chantant con un caffè concerto. La Difesa del 6 agosto plaude al cambio di passo, ma molti bagnanti storcono il naso. E da quel momento smetteranno di sognare.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui