La recensione: lunghi applausi a Bologna per “Ariadne auf Naxos”

Infine, anche l’ultima impalcatura scenografica si alza, lasciando vuoto il palcoscenico: solo luci di fuoco rivolte alla platea accompagnano il commiato di Arianna e Bacco. Svaniscono le apparenze e le categorie perdono senso, rimane il nucleo dell’umano sentire, l’amore, al di là di ogni stile o linguaggio o genere. E le diversità, così marcate e inconciliabili, motore di tutto il gioco rappresentativo, si ricompongono nella sintesi finale – «se il nuovo dio s’è avvicinato, ci siamo arrese senza parlar», ogni nuovo amore ci appare un dio: Zerbinetta lo sapeva da subito.
Una prima volta dopo 110 anni
Sono lunghi gli applausi che il pubblico del teatro Comunale tributa alla nuova produzione di Ariadne auf Naxos, l’opera di Richard Strauss che per la prima volta (dopo 110 anni, è strano ma vero) è approdata la scorsa settimana sul palcoscenico bolognese. Lunghi, e decisamente meritati. Intanto per la qualità musicale che sul podio dell’Orchestra di casa Juraj Valčuha ha saputo imprimere a tutto l’insieme: dosando il doppio registro su cui si muove la partitura ed esaltando i timbri di impasti sempre mutevoli, emersioni cameristiche attraverso cui si dipana il racconto metateatrale. Poi per l’invenzione registica di Paul Curran (perfezionata dai costumi di Gary McCann e dalle luci preziose di Howard Hudson) che al di là di ogni intenzione di attualizzazione – più che legittima e soprattutto azzeccata – riesce a mantenere il senso di leggerezza farsesca del Prologo e a innervarne tutta l’opera senza mai scadere nel facile macchiettismo, anzi declinandolo via via in una sorta di tenerezza, dai toni caldi e partecipati – complici le spiccate doti attoriali dell’intero cast. Dall’eccentrico dinamismo scenico su cui si alza il sipario: facchini e camerieri e cuochi, poi cantanti e figuranti, si muovono con la frenesia che sempre anticipa un evento, è un “catering” teatrale che fornisce i camerini ben distinti per le star della serata, la seriosa Arianna e la disincantata Zerbina, colto e pop a confronto, mentre il compositore, inflessibile quanto inesperto, cederà agli ordini del maggiordomo, portavoce del volitivo padrone di casa, scendendo a patti con il fricchettone maestro di ballo, e con il buon senso di quello di musica – è ben singolare la trama di quest’opera su libretto di Hugo von Hofmannsthal, che sovrappone farsa e opera seria. Fino all’incedere classico dell’Opera vera e propria che, nel romantico gioco di quinte dipinte ad archi barocchi e nuvole, riesce a imporsi sugli sguardi curiosi e irriverenti dei “comici” avversari, per poi lasciar spazio ai loro irresistibili numeri – ma l’intreccio è ormai indissolubile, lo conferma Zerbinetta, in tutù rosa con grande cuore in paillettes, sedendo sul divano di Arianna. E in ultimo, al finale rivelatore.
Un cast di quaità
Una qualità musicale, si diceva, che nell’intero cast vocale ha trovato un indiscutibile punto di forza. A cominciare dai protagonisti del solo Prologo: prima tra tutti da Victoria Karkacheva nei sobri panni del Compositore, voce duttile e fraseggio ricercato, poi Markus Werba convincente in quelli del Maestro di musica. Eppoi, soffermandosi ai ruoli principali: Dorothea Röschmann, Arianna dalla grana densa e potente (a tratti quasi troppo); Olga Pudova, una Zerbinetta dal piglio spontaneo, agile e pungente, e Daniel Kirch, un Bacco persuasivo. Ma meritano certamente di essere citati anche gli interpreti delle Maschere – Tommaso Barea, Mathias Frey, Vladimir Sazdovski e Carlos Natale – come quelle delle Ninfe: Nofar Yacobi, Adriana Di Paola e Chiara Notarnicola.

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